Il Sistema Sanitario ascolta

Salute e sanità
Il Sistema Sanitario ascolta?
Uno studio sul modello di comunicazione dell’oncologia in Toscana
di Viola Davini e Eugenio Pandolfini | 02 05 2023
Di cosa parliamo in questo articolo?
L’articolo riporta una riflessione degli autori circa gli attuali limiti del modello di comunicazione pubblica che, dal punto di vista normativo, ha origine con la legge 150 del 2000. All’interno delle amministrazioni pubbliche, anche in sanità, questa legge ha creato una netta separazione tra gli uffici di comunicazione che si rivolgono verso i vari pubblici esterni (Uffici Relazioni con il Pubblico, ufficio reclami, uffici stampa) e gli uffici di comunicazione interna, rivolti prevalentemente al personale. L’attuale sistema comunicativo in ambito pubblico tende a irrigidire le organizzazioni che dovrebbero cogliere proprio nel potenziare la capacità di ascolto dei bisogni dell’utenza un’opportunità per riportare all’interno dell’organizzazione un patrimonio di conoscenze che migliori il sistema stesso.
Nell’intervista, grazie al dialogo con Gianni Amunni che ha visto nascere il Centro di Ascolto Oncologico della Regione Toscana, si fa il punto sul tentativo di innovare l’organizzazione della comunicazione dell’oncologia descrivendo le invarianti di un ascolto attivo orientato all’intervento e alla risoluzione di problemi cronici del Sistema Sanitario e sulla comunicazione come aspetto essenziale del funzionamento del Centro di Ascolto grazie ad una cooperazione tra il personale medico-sanitario, i pazienti e la cittadinanza e il mondo delle associazioni.

Ambito di Intervento

Salute e sanità

Il Centro Ricerche sAu porta avanti da anni progetti di ricerca sui temi della Salute e della Sanità raccogliendo la documentazione circa le migliori pratiche di ascolto dei pazienti all’interno dei servizi sanitari.

La comunicazione pubblica in sanità: luci e ombre

Uno degli aspetti più rilevanti che emergono indagando la percezione da parte della cittadinanza della qualità dei servizi sanitari è la capacità di enti, istituzioni, aziende e strutture sanitarie di rispondere alle domande dei cittadini.
Molto spesso ci si imbatte in siti web inutili per l’utenza, se non fuorvianti, sviluppati senza tener minimamente conto delle modalità d’uso da parte dell’utenza, privi o quasi di risposte semplici e chiare.
Altrettanto spesso ci troviamo obbligati a trascorrere un tempo infinito, scandito magari da musichette ossessive, comandati da centralini virtuali, risponditori automatici, per avere informazioni di cui necessitiamo.
Queste e altre situazioni simili – ormai causa di disagi diffusissimi e condivisi – sono sintomi dell’inadeguatezza di un modello comunicativo che ha radici molto lontane, e che, nonostante gli evidenti danni da esso provocati, continua ad essere considerato il migliore.
Un modello che inibisce ogni forma di ascolto, di personalizzazione della richiesta di informazioni e che riduce ogni attività comunicativa istituzionale ad un’attività gerarchica, trasmissiva, meccanicistica.
Si tratta di logiche disattente se non ostili verso dinamiche relazionali mirate alla valorizzazione di tutti i soggetti coinvolti in un processo comunicativo, pur nella fondamentale distinzione dei ruoli e dei diritti e dei doveri. La comunicazione in ambito pubblico, come si ricorderà, è diretta espressione della legge 150 del 2000 sulla Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni, che ne ha sancito la nascita attraverso la costituzione dell’Ufficio Relazioni con il Pubblico e che ha previsto una divisione netta tra gli uffici che si occupano di comunicazione esterna (verso i diversi pubblici e i fruitori dei servizi) e gli uffici che gestiscono e coordinano la comunicazione interna (rivolti principalmente al personale dell’azienda di riferimento). Questa divisione tra comunicazione esterna e comunicazione interna (che riguarda anche la sua organizzazione ) male si adatta ai bisogni comunicativi stando ai quali l’informazione deve essere sempre più localizzata nel posto e nel momento giusto: la comunicazione deve contribuire ad orchestrare funzioni diverse per portare le reti oncologiche regionali a seguire il cittadino da dove vive alle strutture ospedaliere più adeguate ai suoi bisogni per poi seguirlo nuovamente fino a casa.
Da questo punto di vista non è stato un caso che uno dei risultati emersi in maniera più definita dal convegno Ascolto e aiuto in oncologia. L’esperienza della Regione Toscana a confronto con le reti oncologiche nazionali (dicembre 2021) – organizzato dal Lab Center for Generative Communication (Lab CfGC) del PIN – Polo Universitario città di Prato, il Master in Comunicazione Medico-Scientifica e dei Servizi Sanitari dell’Università di Firenze e Regione Toscana – abbia riguardato proprio l’importanza della territorializzazione dei servizi oncologici e quale modalità comunicative e ‘in-formative’ (formazione e informazione) si debbano sostenere e attivare.
A fronte di un immaginario collettivo che identifica i progressi della lotta contro il cancro con l’introduzione di nuovi farmaci e nuove tecnologie di cura, infatti, sono sempre più numerosi gli studi clinici che dimostrano come miglioramenti analoghi a quelli raggiunti con i farmaci possono essere ottenuti anche grazie ad altri fattori ritenuti erroneamente, fino ad oggi, estranei ai percorsi terapeutici.
Questi riguardano il “concerto assistenziale” da costruire intorno alle reti oncologiche – da sostenere con tecniche comunicative favorenti un lavoro di équipe fortemente cooperativo – e la combinazione di ascolto del cittadino e di comunicazione organizzativa che – per esempio – assicuri l’aderenza alla terapia e il monitoraggio degli effetti collaterali in maniera sempre più personalizzata
Progetto
Master in Comunicazione Medico-Scientifica e dei Servizi Sanitari
Il Master consulenziale realizzato dal Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università di Firenze promuove progetti per rafforzare la capacità di ascolto delle aziende sanitarie e ospedaliere.

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In un quadro normativo sicuramente da aggiornare, alcune istituzioni a livello nazionale hanno mosso i primi passi nella ridefinizione del proprio modello comunicativo. Nonostante il riferimento principale di questa evoluzione della comunicazione pubblica sia il Customer Relationship Management delle aziende private, si sta diffondendo una nuova consapevolezza sull’effettiva funzione degli uffici dedicati alla comunicazione verso i pubblici esterni, per cui gli uffici dedicati alla relazione con il pubblico (URP), i centralini per le prenotazioni o per altre informazioni, gli uffici reclami devono diventare sensori strategici della relazione tra l’offerta dei servizi e il variegato, articolato mondo dell’utenza. Uno scenario comunicativo che ha bisogno di porre al centro di tutto il sistema la capacità di recepire e saper ascoltare i bisogni di informazione della cittadinanza, di analizzarli e di renderli prezioso patrimonio di conoscenza da condividere all’interno dell’azienda.
Questa visione della comunicazione della salute e dei servizi sanitari centrata su un rapporto strettissimo fra comunicazione con l’esterno e comunicazione organizzativa interna, interpreta l’organizzazione aziendale come un organismo vivente unitario composto di soggetti interni ed esterni, in cui le singole componenti interne operano secondo flussi strutturati mirati alla condivisione delle informazioni, recepiscono input esterni e sono in grado di rendere il sistema “vitale”, ovvero in grado di ascoltare e di rispondere in maniera adeguata e orientata ai reali bisogni di comunicazione dei cittadini. Si tratta di una delle sfide principali dell’attuazione di un modello che chiamiamo Comunicazione Generativa e che – superando le logiche di una comunicazione top-down orientata a un semplice marketing dei servizi – prevede il coinvolgimento dell’utenza in tutte le fasi di ideazione, progettazione e sviluppo, miglioramento dei servizi per renderli quanto più rispondenti alle necessità della cittadinanza e ai contesti di uso dei servizi stessi.

Il modello di comunicazione del Centro di Ascolto Oncologico della Regione Toscana

Un’esperienza molto interessante da questo punto di vista è quella del Centro di Ascolto Oncologico di Regione Toscana, con il quale il Lab CfGC ha collaborato per l’analisi, la formalizzazione e il rafforzamento del modello di comunicazione: il Centro di Ascolto nasce nel 2010 come progetto sperimentale del Sistema Sanitario Regionale, con l’obiettivo di supportare psicologicamente il paziente oncologico con un disagio o una paura, di aiutarlo a orientarsi nella rete oncologica e di risolvere i suoi problemi puntuali di accesso ai servizi. Per raggiungere questi obiettivi, il Centro si è dotato di un numero verde, al quale rispondono psicoterepeute e psicoterapeuti appositamente formati sui temi dell’oncologia e sul funzionamento del Sistema Sanitario Regionale. Ma di che tipo di ascolto si parla?
«Il primo elemento da sottolineare è che l’ascolto deve produrre una presa in carico. Ascoltare e basta, senza dare seguito alle informazioni raccolte dai cittadini, rischia solo di aumentare l’insoddisfazione – sostiene Gianni Ammuni, ex direttore dell’Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica (ISPRO), che ha visto nascere il Centro di Ascolto -. Negli anni il Centro di Ascolto si è trovato davanti a due macro categorie di segnalazioni: il disagio, al quale si risponde con accoglienza, ascolto e supporto psicologico, e le richieste di orientamento, per quei casi in cui il problema è l’accesso ai servizi. In quest’ultimo caso la rete e la diffusione del Sistema Sanitario sul territorio, la sua prossimità alle persone è un importante valore aggiunto, perché si può accompagnare il cittadino fino all’ingresso al sistema a lui più vicino con una certa facilità». L’elemento innovativo del Centro di Ascolto è proprio quello di dare valore al percepito dei cittadini ma, soprattutto di riuscire a dare risposte entrando in contatto con chi si occupa dei servizi oncologici sul territorio, come spiega Amunni.
La caratteristica fondamentale di un ascolto vero è che deve essere basato sulla capacità di dare risposte e di promuovere azioni concrete.
«In questa prospettiva, ci siamo trovati davanti a un doppio binario: c’è un ascolto individuale, che si basa sul problema posto da un cittadino o una cittadina, al quale si cerca di trovare una soluzione. Poi c’è l’ascolto collettivo, che consiste nel mettere insieme le domande di più persone per produrre analisi e ricerca di soluzioni a una scala diversa. Questo doppio binario è costante: il problema del singolo cittadino ha bisogno di soluzioni specifiche, ma messo insieme ad altri produce risultati per la comunità. Chiudere il percorso della domanda è un aspetto fondamentale: ogni pratica aperta deve essere portata a termine, sollecitando risposte dal sistema e mettendo in crisi la rete e facendo di tutto affinché nessuna istanza resti invasa».
L’organizzazione, quindi, risulta essere composta da un nodo centrale – lo staff di psicoterapeute e psicoterapeuti che rispondono al numero verde – e dai collegamenti con dei referenti territoriali (focal point) per ciascun azienda sanitaria e ospedaliera. Abbiamo chiesto ad Amunni quali siano stati gli ingredienti per creare queste sinergie.
«I primi tre pezzi del sistema che sono stati messi insieme riguardano la politica, le persone coinvolte e l’organizzazione dell’ascolto. Innanzitutto ci deve essere un forte mandato politico. L’Istituzione regionale deve decidere di creare un Centro di Ascolto, deve curarne l’organizzazione, deve comunicare all’intero sistema l’esistenza del nuovo servizio e di considerarsi parte di esso. Per quanto riguarda le persone, la sfida principale è stata quella di trovare dei recettori, dei referenti sul territorio, per affiancare gli operatori telefonici nella risoluzione delle segnalazioni dei cittadini.
Questi soggetti, chiamati focal point, hanno il delicato compito – a partire dalla segnalazione del cittadino raccolta dall’operatore telefonico – di portare a termine operativamente e concretamente l’intervento sul territorio. Infine, con l’attivazione del Centro di Ascolto Oncologico è passato un concetto che può sembrare ovvio ma che nei sistemi altamente competitivi non è necessariamente tale: ci deve essere un tempo dedicato all’ascolto, che non sia residuale e che non riguardi esclusivamente la prestazione o l’ambulatorio. C’è un tempo specifico dedicato all’ascolto che si rivolge a questioni e richieste che – in genere – non sono previste dall’organizzazione».
Questa trasformazione del sistema comunicativo porta necessariamente ad attivare delle collaborazioni anche con il mondo sociosanitario del Terzo Settore che da sempre è a fianco dei pazienti e cerca di facilitare l’orientamento e l’accesso ai servizi sanitari.

Abbiamo chiesto ad Amunni se – in questo contesto – il mondo dell’associazionismo fosse già presente: «Sì, le associazioni sono presenti, ma dovrebbero esserlo ancora di più. Il mondo dell’associazionismo presidia molto bene il territorio: ci sono realtà in cui una gran parte del supporto ai malati oncologici è fornito dalle associazioni. Il tema dell’interconnessione degli attori parte da qui: non c’è e non ci deve essere contrasto o competizione per quanto riguarda le funzioni di ascolto, ma solo collaborazione».

Verso un ascolto basato sull’analisi e orientato all’intervento

Gli elementi di conoscenza raccolti – nell’ambito del progetto, del costante dialogo con la Direzione e la Rete Oncologica regionale, del convegno su Ascolto e aiuto in oncologia organizzato con il coinvolgimento dei referenti delle principali Reti Oncologiche a livello italiano – aprono la strada alla collaborazione tra il Centro Ricerche sAu e il Lab CfGC del PIN – Polo Universitario Città di Prato, ai fini della ricerca e della consulenza sulle tante pratiche di comunicazione che cercano di trasformare l’ascolto in una prassi basata sull’analisi, la documentazione e l’intervento in tutto il sistema sanitario.
La prospettiva è quella di un’estensione dei servizi oncologici sui territori che risponda puntualmente alle effettive necessità della cittadinanza, superando la logica della semplificazione e dell’erogazione di servizi a pioggia per trasformare la complessità della società in cui viviamo da problema difficilmente risolvibile a ricca e potente risorsa, per dare vita ad un nuovo patto comunicativo tra chi offre servizi e chi ha il diritto di fruirne.

Dalle Anteprime della Library di sAu

L’impegno del Centro Ricerche sAu su salute e sanità
Vuoi approfondire i temi trattati nell’articolo consultando la documentazione che abbiamo prodotto o utilizzato per le nostre attività di ricerca?

Bibliografia/Sitografia

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  • Pandolfini, E., Sbardella, M. (2020), Comunicazione organizzativa e community building, in B. Baldi (a cura di), Comunicare ad arte. Per costruire contenuti e promuovere eventi, Bologna, Zanichelli, pp. 281-302
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La Library di sAu fa parte di Atque, l’Ambiente Integrato con cui realizziamo strategie di Comunicazione Generativa, in collaborazione con i partner di Progetto, e documentiamo le nostre attività di ricerca.
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Autore

Viola Davini

Ph.D., Ricercatrice e socia fondatrice del Centro Ricerche “scientia Atque usus” per la Comunicazione Generativa ETS
Consulente presso Lab CfGC del PIN di Prato

Autore

Eugenio Pandolfini

Ph.D., Ricercatore e socio fondatore del Centro Ricerche “scientia Atque usus” per la Comunicazione Generativa ETS
Consulente presso Lab CfGC
Ricercatore a tempo Determinato di tipo A del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Firenze

Intervistato

Gianni Amunni

Medico oncologo, fino al 2021 Direttore Generale dell’Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica (ISPRO) e coordinatore della Rete Oncologica della Regione Toscana.
Attualmente direttore dell’Oncologia Medica Ginecologica dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Careggi.
È membro del gruppo di monitoraggio delle Reti Oncologiche istituito presso Agenas.
È Presidente Nazionale dell’Associazione Periplo che raccoglie le Reti Oncologiche presenti in Italia.