Agricoltura e sviluppo del territorio
Il futuro delle nostre comunità? Riparte dalle politiche del cibo
Intervista a Marina Lauri
di Marco Sbardella | 07 12 2023
Di cosa parliamo in questo articolo?
Le politiche del cibo hanno un enorme potenziale sistemico, perché è impossibile occuparsi di questo argomento senza agire – consapevolmente o no – anche sul sociale, sulla salute, sull’ambiente, sull’inclusione, sull’educazione, sulle politiche del lavoro. E l’elenco potrebbe continuare.
L’intervista a Marina Lauri – Responsabile Agricoltura, forestazione e politiche della Montagna e delle aree interne di ANCI Toscana – ha ribadito l’attenzione dimostrata dalla Toscana, con il Tavolo del cibo coordinato da ANCI Toscana e il progetto in rampa di lancio CibiAmo la Toscana, nei confronti di questo forte potenziale aggregativo delle politiche del cibo. Attenzione che si è tradotta negli ultimi anni nell’attivazione di iniziative capillari di ascolto e di coordinamento delle istanze provenienti dai territori.
Ambito di Intervento
Agricoltura e sviluppo del territorio
Questo articolo contribuisce alla ricerca del Centro Ricerche sAu sul concetto di valore: l’idea è che questo concetto debba essere ridefinito, allontanandosi da una definizione basata su parametri esclusivamente economico-finanziari.
INTRODUZIONE
Il cibo è da qualche anno oggetto di grande attenzione, sia per quanto riguarda gli aspetti alimentari/salutistici, sia per quanto riguarda quelli mediatici/social. Ciò che è meno presente, invece, è una riflessione sugli aspetti sociali, comunitari e culturali legati al cibo, partendo dalla produzione per arrivare al consumo. Se, come diceva Wendell Berry, mangiare è un atto agricolo e, come ha ribadito Carlin Petrini, è anche un atto politico, l’urgenza di attivare una riflessione condivisa sulle potenzialità sistemiche, sociali e comunicative delle politiche del cibo non è più rinviabile. Di questo abbiamo parlato con Marina Lauri, che coordina il Tavolo del Cibo della Toscana e che nelle prossime settimane vedrà la partenza del progetto CibiAmo la Toscana.
L’attenzione all’alimentazione sta crescendo in maniera esponenziale da anni: dalla dieta (Mediterranea e non) alla passione di diventare tutti chef. Non credi che, al di là del fenomeno di massa, dai risvolti senz’altro anche positivi, sia sempre più necessario approfondire l’aspetto culturale e sociale del cibo come elemento imprescindibile di socializzazione e di creazione di comunità?
“Per rispondere alla tua domanda comincerei dal ruolo che ANCI Toscana sta svolgendo nell’ambito delle politiche del cibo e dal perché se ne sta occupando. È verissimo quello che hai detto: il cibo è diventato una moda nei mezzi di comunicazione di massa e nei social e, quindi, c’è oggi una grande capacità comunicativa del cibo. ANCI, però, sta adottando una prospettiva completamente diversa: noi siamo partiti dalle comunità, dai comuni e dai territori e abbiamo cominciato a raccontare i prodotti che costituiscono la storia e l’identità di quegli stessi territori.
CibiAmo la Toscana
CibiAmo la Toscana è un progetto vincitore di un bando del PSR della Toscana in partenza a inizio 2024. Il partenariato è composto da ANCI Toscana, Associazione Nazionale Città dell’Olio e Qualità&Servizi. Il Centro Ricerche sAu, insieme all’Accademia dei Georgofili, partecipa al Comitato Scientifico del progetto.
Attraverso un progetto – I territori della Toscana e i loro prodotti – che abbiamo realizzato insieme all’Accademia dei Georgofili, ha preso il via il nostro interesse verso il cibo e in particolare verso i prodotti tipici che caratterizzano un territorio, così, piano piano, abbiamo scoperto il valore del cibo nella sua complessità.
Come dicevi, infatti, il cibo racchiude in sé una complessità che non è solo quella del prodotto agricolo, ma risiede nella possibilità di costruire politiche che da esso partono, ma ad esso non si limitano. Perché intorno al cibo si aggregano politiche che riguardano, per fare degli esempi, il sociale, la sanità, l’ambiente, il turismo. Stiamo parlando di tutti quei settori sui quali le comunità, e in particolare le amministrazioni comunali, devono concentrare la loro azione pianificatoria.
Proprio in seguito al progetto che ho citato, le comunità locali ci hanno chiesto espressamente di mettersi intorno ad un tavolo e cominciare a condividere esperienze che partono proprio dalla socialità e dal valore culturale che il cibo assume all’interno delle comunità stesse.”
E così è nato il Tavolo del cibo della Toscana. Come si inquadra questa iniziativa rispetto al tema del cibo come strumento di socializzazione, considerando la forte peculiarità della Regione Toscana?
“A questo proposito inizierei illustrando la composizione del Tavolo che comprende i Comuni della Toscana, a partire da quelli che si occupano di politiche del cibo mettendo in atto azioni specifiche. Poi ci sono le associazioni di categoria in ambito agricolo, altre associazioni che per loro natura si occupano di cibo, come ad esempio Slow Food, fondazioni bancarie, tra cui La Fondazione Monte dei Paschi di Siena che sta seguendo un progetto molto interessante sulle mense scolastiche e sulla sensibilizzazione verso le amministrazioni comunali sulla ristorazione scolastica. Ci sono poi le Comunità del cibo, i Distretti del cibo, le reti tra imprese che mirano alla valorizzazione della comunità nell’ambito delle politiche del cibo. Ancora, nel Tavolo trova rappresentanza il mondo scientifico e della ricerca, che accompagna questo percorso molto articolato con le sue competenze.
Dalle Anteprime della Library di sAu
L’agroambiente in Toscana. Politiche regionali e prospettive di sviluppo
Rispetto alle peculiarità di cui parlavi, il tavolo le interpreta attraverso il racconto di ogni amministrazione, ciascuna con le proprie specificità. Alcune di esse stanno lavorando anche su dei “piani del cibo”, mi viene in mente quello della piana di Lucca, dove Capannori sta svolgendo un ruolo molto importante, oppure Livorno, che ha istituito il “consiglio del cibo”.
Ci sono, nella nostra regione, realtà che hanno fatto da apripista in questo settore e ora vengono riconosciute come buone pratiche a livello nazionale, creando reti e sinergie per creare una politica il più possibile integrata.”
A proposito della composizione del Tavolo che hai ricordato, una delle convinzioni più salde delle ricercatrici e dei ricercatori del Centro Ricerche sAu consiste nella necessità di ridefinire e rafforzare la relazione tra il mondo della scientia e quello dell’usus; tra chi ha le conoscenze e le competenze, la facoltà di indirizzare e programmare e chi, viceversa, quotidianamente vive gli effetti di questa governance politica, economica, culturale. In che modo e con quali strumenti il Tavolo del cibo sta cercando di portare il mondo dell’usus a dialogare con quello della scientia?
“Credo che la forza del Tavolo stia proprio nell’aver messo insieme il mondo scientifico con i soggetti che compongono le comunità locali. Sono convinta che questo sia il punto di forza del tavolo perché questo confronto non è affatto scontato ed è sempre più necessario un avvicinamento tra la parte concreta, pratica, e il mondo scientifico.
Il dialogo che sta avvenendo, anche grazie al comitato scientifico che abbiamo organizzato, è molto proficuo e sta portando a proposte molto interessanti. Non a caso, abbiamo iniziato le attività del Tavolo partendo proprio dal confronto con il mondo scientifico, preparando un position paper che contiene le fondamenta delle azioni di cui il Tavolo deve occuparsi. Ma tutto questo è sempre stato frutto di una condivisione e di una grande attenzione a quello che le comunità stanno facendo.
Vorrei fare degli esempi concreti di come questo dialogo viene declinato: come ANCI ora stiamo facendo un percorso molto interessante sulle mense scolastiche, attraverso cui stiamo sensibilizzando le amministrazioni comunali. Grazie a questo si stanno sviluppando esperienze molto importanti, attraverso lo scambio di know how e la condivisione di informazioni sulle procedure, sulla normativa, sulle politiche che attraverso le mense scolastiche si possono attivare.
Grazie a questo scambio e a questo dialogo si sta sviluppando in Toscana un nuovo modo di concepire e di gestire le mense scolastiche. Un altro aspetto fondamentale è quello che riguarda la relazione e il dialogo tra tradizione e innovazione.”
Proprio per quanto riguarda le relazione tra tradizione e innovazione, l’alimentazione comunica la diversità tra gli esseri umani di ogni cultura, paese e territorio, rivelando specifici patrimoni di conoscenze sviluppatisi di generazione in generazione: il modo di alimentarsi deriva da una determinata appartenenza sociale e al tempo stesso la rivela. In questa prospettiva, qual è la posizione e la strategia di sviluppo del Tavolo?
“La comunicazione è al centro delle attività del Tavolo del cibo, perché il modo in cui si raccontano determinate esperienze può cambiare l’approccio che si ha nei confronti delle politiche del cibo. Per questo ANCI Toscana ha sempre prestato grande attenzione alla comunicazione.
C’è una questione secondo me prioritaria: l’esperienza del Tavolo nasce dal basso. Nasce dai territori nei quali il racconto del prodotto, della storia, della tradizione, della cultura del luogo è alla base della narrazione, anche del cibo.
Noi partiamo da lì, dai racconti delle Comunità del cibo, dei Distretti. E mettiamo sempre al centro di tutto il concetto di comunità, perché comprende tutti gli attori del territorio. Per questo motivo noi siamo partiti da lì, da questo tipo di comunicazione, per poi cercare di favorire un’integrazione delle politiche del cibo. Questo è l’aspetto più complesso, perché consiste nel mettere insieme tutti gli aspetti che le compongono e farli dialogare.
Credo che questa sia la sfida che la comunicazione può aiutarci a vincere. Noi ci stiamo lavorando anche grazie alla presentazione di un progetto, CibiAmo la Toscana, che è stato finanziato dal PSR della Regione Toscana ed è incentrato proprio su azioni di comunicazione, informazione e divulgazione che veicolino questa dimensione complessa del cibo.”
Hai citato il progetto CibiAmo la Toscana, che sta prendendo avvio in queste settimane e che prevede un fitto calendario di incontri pubblici. Quali sono i suoi obiettivi e in che modo mira a coinvolgere i portatori d’interesse – a partire dalla cittadinanza – oltre ai soliti addetti ai lavori?
Un’ultima domanda: se lavorare sulla cultura del cibo significa incidere su aspetti fondamentali del nostro essere, costruire comunità, in che modo le attività del Tavolo del cibo possono contribuire a dare risposte ai problemi sollevati dai cambiamenti climatici: dove per clima si deve intendere non solo quello metereologico, ma soprattutto quello sociale (spopolamento dei borghi, calo della natalità, invecchiamento della popolazione, disoccupazione giovanile, etc.)?
“Una delle caratteristiche principali del Tavolo consiste nel fatto che esso agisce in tutti i territori della Toscana: non solo nelle grandi città e nei centri urbani, ma anche nelle aree interne e marginali. Questo è importante perché gli impatti di questi cambiamenti si riflettono in modo diversificato sui territori. La peculiarità del Tavolo è quella di mettere insieme tutte queste realtà per incidere sui fenomeni che hai citato tramite il cambiamento delle politiche.
Credo che la sfida più grande sia proprio quella di prendere in esame tutte le politiche che incidono su questi cambiamenti, dal sociale all’ambiente, dal lavoro alla demografia, per verificare che siano attente a quello che sta avvenendo e che mirino a cambiare i paradigmi abituali per fare in modo che si possa attivare un cambiamento effettivo. È una sfida difficile, perché prevede un cambiamento culturale all’interno della comunità, che non è una cosa semplice e per cui non credo che il Tavolo del cibo, da solo, possa essere sufficiente. Però grazie alla sua composizione, sia in termini di soggetti che vi partecipano, sia di ramificazione territoriale, credo possa essere un valido strumento per accompagnare questi cambiamenti.
Per concludere, sono convinta che ascoltando le esigenze locali, recependo le progettualità e le azioni che i territori vogliono porre in essere, gli amministratori, a tutti i livelli istituzionali, possano avere degli strumenti molto utili per incidere sul cambiamento delle politiche e, quindi, sui fenomeni che citavi.”
Conclusioni
Le risposte di Marina Lauri confermano l’impostazione e i risultati della ricerca che da anni come Centro Ricerche sAu stiamo portando avanti sul potenziale del cibo e delle relative politiche a livello locale, regionale, nazionale e internazionale. Un potenziale immenso che – al di là delle mode più o meno passeggere – riporta di diritto il cibo – sia dal punto di vista della produzione e trasformazione, sia da quello del consumo – al suo ruolo fondativo di comunità, di socialità, di cultura.
Il cibo, infatti, non è solo il più simbolico dei bisogni primari, ma è un forte elemento identitario. E in un momento di epocali cambiamenti climatici, sociali ed economici come quello che stiamo più o meno consapevolmente attraversando, le politiche del cibo possono (devono?) rappresentare una bussola imprescindibile per tracciare un percorso collettivo di costruzione di comunità inclusive e sostenibili.
Autore
Marco Sbardella
Ph.D., Ricercatore e socio fondatore del Centro Ricerche scientia Atque usus per la Comunicazione Generativa ETS. Consulente presso Lab CfGC.
Svolge ricerca negli ambiti dello sviluppo rurale, del climate change e della comunicazione sanitaria.
Intervistato
Marina Lauri
Responsabile Agricoltura, forestazione e politiche della Montagna e delle aree interne di ANCI Toscana e Presidente del Gal MontagnAppennino.