Agricoltura e sviluppo del territorio
Basta parlare di olio. Iniziamo a parlare di oli
Intervista ad Alberto Grimelli
di Marco Sbardella | 26 10 2023
Di cosa parliamo in questo articolo?
Teatro Naturale rappresenta un punto di riferimento imprescindibile per tutti gli addetti ai lavori e gli interessati all’olio, all’olivicoltura e al loro variegato mondo. Insieme ad Alberto Grimelli, ideatore e direttore di Teatro Naturale, abbiamo ripercorso le motivazioni che hanno visto nascere, ormai 20 anni fa, questa rivista online, per poi soffermarci sulle criticità e le potenzialità che caratterizzano la comunicazione dell’olio, in cui la frattura esistente tra valore e valori deve al più presto essere ricomposta.
Ambito di Intervento
Agricoltura e sviluppo del territorio
Questo articolo contribuisce alla ricerca del Centro Ricerche sAu sul concetto di valore: l’idea è che questo concetto debba essere ridefinito, allontanandosi da una definizione basata su parametri esclusivamente economico-finanziari.
INTRODUZIONE
Facendo una ricerca online sull’olio o l’olivicoltura è impossibile non capitare su Teatro Naturale, un settimanale online dedicato al mondo rurale che da due decenni è un punto di riferimento imprescindibile per la comunicazione dell’olio. Essendo il tema della comunicazione dell’olio uno dei focus del progetto Nuovo EVO. Il valore dell’olivicoltura per lo sviluppo sostenibile dei territori, abbiamo ritenuto importante intervistare Alberto Grimelli, che di Teatro Naturale è l’ideatore e il Direttore, ponendogli le stesse domande che qualche settimana fa abbiamo posto al fondatore di OlioOfficina. Il panorama che emerge non è certo privo di criticità – si pensi alla competizione spagnola o al ruolo giocato dalla GDO – ma le potenzialità per rilanciare il settore non mancano, anche perché, come afferma Grimelli: «l’olio extra vergine di oliva che stiamo mangiando è il migliore mai prodotto in tutti i tempi».
20 anni fa ha fondato Teatro Naturale, una rivista che ha nell’olio e nell’olivicoltura il suo core business. Come e perché è nato questo progetto?
“Il progetto nasce dalla consapevolezza di un deficit informativo nel mondo agricolo e attorno al mondo rurale. Non tanto e non solo dal punto di vista tecnico, quanto da quello di idee, di pensiero, di ispirazione e di identità. Troppo spesso l’agricoltura è vista attraverso stereotipi, a cui a volte si conformano gli stessi protagonisti. Questo valeva e continua a valere tanto più per l’olivicoltura e l’olio di oliva, un settore imperniato su e impregnato di una tradizione che ne blocca lo sviluppo, proponendo da anni una stessa narrazione. Teatro Naturale, da vent’anni ormai, è un pungolo per gli olivicoltori, i frantoiani e gli imbottigliatori. Mettiamo in luce le criticità e le ipocrisie, a volte con una verve provocatoria, per smuovere un comparto che altrimenti si accomoderebbe troppo facilmente su facili allori. E’, invece, un settore che ha bisogno di ascoltare e capire molto, aprendosi oltre il proprio recinto: ai consumatori, ai ristoratori, agli chef…”.
Nuovo EVO. Il valore dell’olivicoltura per lo sviluppo sostenibile dei territori
Il progetto cui l’articolo si riferisce mira a ridefinire il valore dell’olio, aggregando portatori d’interesse provenienti da ambiti diversificati (produttori, ristoratori, amministratori pubblici, ricercatori, ecc.) intorno a progetti di sviluppo territoriale sostenibile basati sul rilancio del settore olivicolo.
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Quali sono, secondo la sua esperienza di editore e di esperto, le criticità maggiori che si incontrano nel comunicare il valore dell’olio EVO?
“L’olio extra vergine di oliva esiste da più di sessant’anni come definizione commerciale ma è un prodotto che, magari con altre definizioni (pensiamo a “fino” e “sopraffino” di inizio 1900), è da sempre presente nelle cucine delle famiglie italiane, specie del centro sud. Anche nel nord, più abituato al burro e ai grassi animali, ormai almeno una generazione è cresciuta con la bottiglia d’olio a fianco dei fornelli. Questa abitudine, questa quotidianità è la forza e la debolezza dell’olio extra vergine di oliva. È una forza perché induce il consumatore a scegliere tale categoria commerciale ma è anche una debolezza poiché lo induce a pensare all’olio come a un prodotto banale, scontato (letteralmente viste le offerte in Grande Distribuzione). Questa banalizzazione dell’olio extra vergine di oliva, purtroppo, è stata accentuata dalle politiche commerciali del mondo industriale e della Spagna olivicola, che lo hanno ridotto a una commodity, al pari di un olio di semi. Difficile dare valore o differenziare una commodity.”
E quali sono, al contrario, le leve comunicative su cui puntare per aumentare la consapevolezza dei cittadini del reale valore di questo prodotto?
“L’olio extra vergine di oliva è un prodotto agricolo e artigianale, non una commodity. Occorre quindi rompere il muro della standardizzazione, ovvero il sentiment che vuole che l’olio extra vergine sia tutto uguale. Chi vive nel mondo olivicolo, in particolare italiano, sa bene che vi sono sensibili differenze a seconda delle varietà, del territorio, delle innovazioni agronomiche e tecnologiche con le quali viene ottenuto. Siamo fortunati perché l’olio extra vergine di oliva che stiamo mangiando è il migliore mai prodotto in tutti i tempi.
Dai quaderni di sAu
Sul problema dell’olio EVO ridotto a commodity, si veda anche l’intervista realizzata ad Antonio Balenzano (Direttore dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio), che pone con forza il tema del superamento dell’accezione dell’olio come commodity come conditio sine qua non per il rilancio di questo prodotto e del mondo di valore e di valori di cui è portatore.
Purtroppo, per rompere il muro della standardizzazione, non basta solo la qualità intrinseca del prodotto. Non sono sufficienti nuovi parametri di qualità, né rendere più stringenti quelli esistenti. Serve anche lavorare sulla qualità percepita del prodotto, ovvero su quelle caratteristiche che danno valore aggiunto. La qualità percepita risponde ai bisogni delle persone e ognuno di noi ha necessità diverse: salutistiche, nutrizionali, edonistiche, ambientali, paesaggistiche, storiche, tradizionali. Tanti prodotti, anche agroalimentari, sono riusciti a rompere preconcetti e stereotipi, andando oltre il loro ruolo tradizionale o la loro funzione d’uso consuetudinaria. Si tratta solo di trovare la giusta strada per l’olio extra vergine di oliva.”
Chi potrebbero essere i migliori alleati per realizzare una radicale trasformazione nel modo di pensare prima, e utilizzare, poi, l’olio EVO?
“In realtà prima ho commesso un errore, parlando di olio extra vergine di oliva. Bisognerebbe correttamente parlare di oli extra vergini di oliva, al plurale. Ognuno per un bisogno diverso e con una funzione d’uso diversa. Mi piace utilizzare questa provocazione: lo sa che esiste l’olio extra vergine di oliva dimagrante? È un olio molto ricco di profumi e sapori, tal che ne basta molto poco per condire un piatto, molto meno che altri condimenti, e che quindi ci permette di rispettare la dieta. Oggi abbiamo molti oli diversi, che rispondono a funzioni d’uso molto diverse. Per ungere la padella può andare anche bene un olio base ma per accompagnare un piatto occorre un extra vergine che dia piacere, che regali emozioni. Gli oli extra vergini di oliva di oggi sono perfetti per nuove sperimentazioni gastronomiche e culinarie, ma non lo sa nessuno, a partire spesso da quegli chef che sono così attenti alle materie prime.
Dalle Anteprime della Library di sAu
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Nell’extra vergine cercano spesso solo il mezzo neutro per condurre il calore nella preparazione del piatto, al massimo per dare palatabilità. Occorre stimolarli a sperimentare. Si possono fare scoperte anche molto interessanti che rompono anche certi preconcetti, tipo che un olio extra vergine di oliva di Coratina, amaro e piccante, possa essere usato per i dolci. Ma penso anche al settore benessere e al lato estetico, quindi medici e professioni sanitarie. L’olio viridum, ovvero l’olio da olive verdi, era l’unguento del benessere per la pelle delle antiche matrone romane. Recuperare, aggiornando, certe tradizioni può servire proprio a rompere quel muro di standardizzazione che oggi nuoce tanto all’olio extra vergine di oliva.”
Conclusioni
L’intervista ad Alberto Grimelli si pone all’interno di un ciclo di articoli pubblicati recentemente sulla nostra rivista per portare avanti il tentativo del Centro Ricerche sAu di trovare un percorso comune tra chi l’olio lo comunica e chi lo rappresenta (si vedano le interviste ad Antonio Balenzano dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio e a Luigi Caricato di OlioOfficina), con lo scopo ultimo di aumentare in tutti i portatori d’interesse diretti e indiretti la consapevolezza che il valore di questo prodotto non può corrispondere al suo (attuale) prezzo. Gli elementi di continuità sono sorprendenti: si pensi alla necessità di superare la logica della commodity, alla volontà di promuovere un consumo consapevole e al dialogo che bisogna rafforzare con i tanti operatori che, nel mondo della ristorazione e dell’ospitalità, rappresentano l’interfaccia tra il consumatore e il prodotto. Quello che emerge da questo trittico di articoli non è un progetto definito, ma un piano di lavoro i cui confini si stanno delineando e che tutti coloro che hanno a cuore la valorizzazione di un prodotto che è parte integrante della nostra cultura e della nostra identità possono contribuire ad arricchire e integrare. E soprattutto a praticare quotidianamente.
Autore
Marco Sbardella
Ph.D., Ricercatore e socio fondatore del Centro Ricerche scientia Atque usus per la Comunicazione Generativa ETS.
Svolge ricerca negli ambiti dello sviluppo rurale, del climate change e della comunicazione sanitaria.
Intervistato
Alberto Grimelli
Agronomo e giornalista, nonché fondatore e anima storica di Teatro Naturale. Specializzatosi in olivicoltura ed elaiotecnica, vive e lavora quotidianamente a contatto con la campagna e le sue problematiche, compresa l’azienda agricola di famiglia a Suvereto, dove vive.