Una Noterella su “Salute e sanità”
L’educazione sanitaria: una sfida per la scuola
di Franco Cambi | 18 09 2024
Nota della redazione
In occasione dell’evento “Le differenze che fanno la differenza. Una strategia di Comunicazione Generativa per promuovere la salute di genere sul territorio”, che si è tenuto lo scorso 8 marzo presso l’auditorium del CTO dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, era previsto un intervento del professor Franco Cambi.
All’ultimo momento il professore è stato impossibilitato a partecipare, ma ha condiviso con noi la scaletta che aveva preparato per l’occasione e, ritenendolo un contributo prezioso e utile per avviare un confronto su un argomento strategico quale l’educazione sanitaria a scuola, abbiamo deciso – in accordo con l’autore – di pubblicare quel testo come Noterella.
Salute e sanità
Il Centro Ricerche sAu realizza di progetti incentrati sul coinvolgimento di portatori d’interesse per avviare processi generativi di conoscenza in cui tutti cooperino per aumentare il livello di health literacy della cittadinanza in campo medico-scientifico e promuovere modalità comunicative più efficaci per la prevenzione, diagnosi e cura. Con un focus sulla medicina di genere.
Sul nuovo volto necessario alla scuola italiana
Sì, è dagli anni Novanta del Novecento che l’istituzione-scuola sta cercando di costruire il proprio identikit complessivo, organico e funzionale in una società democratica, dopo i decenni precedenti dedicati a riforme settoriali (utili e necessarie ma disorganiche, alla fine) e che si trova ancora immersa in questa ricerca innovativa e complessiva, facendosi sollecitare e guidare da assunti ideologici parziali (tipo il neoliberismo che guarda a una scuola funzionale al mercato, soprattutto), di cui però possiamo delineare con chiarezza e certezza il profilo regolativo, quale è emerso e sta emergendo in particolare dagli studi pedagogici attuali, ben sviluppati anche qui da noi. Cerchiamo di fissarne i caratteri generali e più organici da realizzare con decisione e a breve.
- Una scuola vista come spazio-di-vita giovanile e comunità, quindi dal volto complesso tra aule, laboratori, atelier vari, biblioteca e spazi di riunione a gruppi o in comune, in cui gli allievi si muovono in modo organico e lì sviluppano e la propria coscienza di soggetti moderni e di cittadini democratici.
- Una scuola di cultura articolata nelle sue specificazioni, scientifiche, tecniche, umanistiche, sempre attenta a una comprensione critica del loro rapporto integrato.
- Una scuola che personalizzi gli apprendimenti, sviluppi la cura-di-sé, riconosca meriti e li coltivi in ciascuno.
- Anche una scuola che risponda ai problemi personali e sociali dei ragazzi, attraverso un dialogo con le famiglie ma di cui è la scuola a reggere il timone (date le sue conoscenze più razionali e vere e pertanto regolative rispetto alla società o a sue eventuali parti, spesso cariche di pregiudizi). Un compito ampio e non facile ma assolutamente necessario: di educazione emotiva, di sviluppo della coscienza democratica in ciascuno e in tutti, agendo contro tutte le forme di razzismo, dal bullismo in poi, guardando a una emancipazione vissuta e riconosciuta come compito vitale di ciascuno di cui solo forse la scuola può essere testimone operativa-generativa nel promuovere uguaglianza nelle differenze.
- Tra queste varie e centrali educazioni occupa un posto altrettanto centrale anche e proprio quella sanitaria! Intesa al suo livello e teorico-informativo come pure a quello formativo-operativo e personale.
Cos’è l’educazione sanitaria?
Già nel 1975 l’Organizzazione Mondiale della Sanità venne a fissarla come impegno per favorire in tutti il “benessere fisico, mentale e sociale”, trattando ogni cittadino come persona da tutelare e informare anche sui problemi sanitari. Da acquisire con cura e competenza. E qui scatta il ruolo della scuola come spazio-formativo-di-tutti. Che deve guardare, come invitano a fare le Linee guida indicate dal Ministero della Sanità per la scuola, a organizzare un adeguato ambiente scolastico, favorire relazioni di cura nella comunità scolastica, attivare servizi sanitari a scuola, sviluppare controlli della salute dei ragazzi per attivare una coscienza personale e familiare diffusa in questo campo. Orientamenti che si sono realizzati nelle aree più sensibili e meglio organizzate del paese, ma purtroppo rimaste fuori scena in quelle a più alta dispersione scolastica.
Ed è a partire da qui che l’educazione sanitaria deve farsi regola generale e necessaria, dipanando le sue forme di intervento: dall’igiene, alla nutrizione, ai disturbi alimentari, all’attività fisica sempre necessaria, ai disturbi mentali ed emotivi che si possono rilevare a scuola e che vanno affrontati con decisione (si pensi alla bulimia o all’anoressia, ad esempio).
Con una organizzazione sanitaria a scuola che può essere interscolastica o connesso ai presidi sociali di sanità del territorio, ma che deve svolgere il suo ruolo di controllo e di formazione al tempo stesso, favorendo incontri con specialisti o discussioni in comune tra scuola e famiglie previa informazione in relazione al problema da analizzare insieme e sempre in generale.
Interventi nell’età-di-crisi, tra pre- e adolescenza
In particolare negli anni che vanno dai 12 ai 19 da parte degli allievi, ovvero tra scuola media inferiore e superiore, la scuola stessa non può non affrontare una formazione di genere, o meglio oggi dei generi, che di essi valorizzi sia la differenza sia la condizione comune di esseri umani personali: un’identità in tutti complessa e da coltivare secondo un’ottica generativa che ne tuteli appunto la differenza e l’umanità comune insieme. Fermiamoci qui e ora sui due generi, maschile e femminile, da sviluppare nelle loro specificità e nella loro struttura comune umana; tema oggi di vera centralità culturale per dar corpo a una società nuova e complessa che tuteli le differenze ma integrandole: e qui il ruolo della scuola diviene fondamentale per far maturare una societas pluralistica e profondamente umana al tempo stesso. In essa certo oggi si collocano anche altri generi, tra omosex e queer etc., che vanno riconosciuti e accolti con libertà e funzione critica rispetto a un biologico riletto solo in modo binario: ma qui lasciamo tale problema, pur significativo e ben reale, fuori scena per soffermarci sull’occasione offertaci dalla…”festa della donna”!
Allora cosa deve fare la scuola in questa età di conoscenza/integrazione e preziosa rispetto ai due generi costitutivi del sapiens?
- Far conoscere e rispettare i due sessi e proprio nelle loro differenze, legate ai diversi ruoli sociali e familiari: le donne come figure materne e connesse a quelle pratiche di cura che fanno attaccamento e pertanto restano figure-chiave in tutto il corso della vita come ben ci ha indicato John Bowlby nei suoi studi; ma non solo: anche figure di fine sensibilità etica da riconoscere e coltivare, sviluppando in essa l’ottica della cura come un po’ sigillo della femminilità e della stessa maternità allargata a status mentale, ma riconoscendo anche e con forza in essa e la condizione di parità sociale e di libertà costitutiva di ogni essere umano: un cammino non semplice ma che solo la scuola può far emergere e portare a sviluppo come forma mentis. Cosi come sul fronte maschile può e deve orientare forza e presenza di tutela e di rispetto delle differenze alla luce di un ruolo sociale organicamente introiettato nella coscienza individuale, capace di farsi anche genitorialità nuova tra cura e sostegno e guida affettuosa di figli e giovani in varie occasioni e fin dalla loro prima infanzia. Due modelli sì diversi già biologicamente ma da integrare tra loro e nel sociale e in interiore homine.
- Mettere in dialogo le due identità in funzione di una vera realizzazione di sé e di una altrettanto ben radicata organizzazione della convivenza sociale tra tutela delle differenze e insieme delle singole unità umane, sviluppando in modo generativo un’integrazione comprendente e solidale un neo-habitus di convivenza e riconoscimento dialettico, capace di garantire una collaborazione più costruttiva che poi ciascun soggetto deve far propria in interiore, previa informazione e formazione insieme. Decostruendo le basi di un sessismo maschile violento e possessivo, fino agli esiti terrificanti e ben attuali dei femminicidi, che rivelano una vera assenza educativa/formativa nei soggetti maschili, che oscuri atteggiamenti di possesso, di subordinazione, di violenza in modo netto come residui di arcaismi oggi intollerabili.
- Mettere la scuola tramite una educazione sessuale e sociale che coltivi e l’identità di genere e il dialogo fine e profondo con l’altro sesso, allenando ciascuno a vedersi come comunità di differenze da dialetticamente integrare tra emozioni, coscienza di sé e convivenza democratica: rispettosa dell’alterità e orientata al far-cura e reciprocamente e insieme anche su varie terze figure (figli, amici, allievi, cittadini, etc.). E qui rispettare la scelta o no delle donne rispetto alla maternità, che la Francia proprio in questi giorni ha posto come diritto costituzionale. Ma da tutelare anche nella sua forma meno drammatica (tipo: con la pillola del giorno dopo).
Fare della scuola il germe stesso di una vera società democratica in cui le differenze si fanno valori vissuti insieme oltre che riconosciuti reciprocamente, a cominciare dai due sessi, in modo da farli agire dentro la comunità complessa e viva e attiva della democrazia: un modello che proprio la scuola può in campo teorico e vissuto far davvero maturare e nella società e nei suoi soggetti-cittadini del futuro
- Dare alla scuola anche il compito di curare i disturbi che si sviluppano negli allievi, psicologici e comportamentali, dando vita a presidi sanitari dialoganti con la scuola stessa e sempre più attivi nel curare i vari disturbi psicologici etc. degli allievi, cresciuti negli ultimi anni in forma quasi esponenziale (e i dati per la Toscana sono in sé già allarmanti tra disturbi d’ ansia, di sbagliate relazioni sociali, di depressione etc. come ci ha informati la presidente dell’Ordine degli Psicologi toscani, Prof.ssa Gulino).
Da qui potrà crescere nella scuola un habitat sociale e personale che sviluppi una coscienza in ciascuno più complessa e sottile, la quale solo i saperi scientifici e umanistici possono portare a pieno sviluppo per dar vita a un’etica non solo di tolleranza ma di presa di coscienza personali diverse e integrate, a partire appunto dalle differenze-di-genere come quelle tra uomini e donne, e da lì far crescere un modello di coabitazione integrante delle differenze che le rispetta e le tutela al tempo stesso.
Agendo come? Con letture e lezioni specifiche di esperti, discussioni collettive e studi-di-casi, capaci di sviluppare una cultura nuova rispetto alle differenze da tutelare sempre di più nelle società complesse e interculturali del presente! Un compito arduo e controcorrente rispetto alle mentalità “antiche” e sessiste e discriminatorie ancora attive anche nel tempo presente, ma che vanno proprio decostruite nei loro pre-giudizi ormai arcaici che continuano a inquinare le stesse società democratiche nelle loro pratiche vissute, come tanti segnali ci fanno su tutto ciò ben avvertiti tra libri anche di successo e azioni anche sconvolgenti e terribili sempre presenti!
Bibliografia
- Boffo, V. (2007). Comunicare a scuola. Autori e testi, Milano:Apogeo
- Lojero, V. (2009). Educazione sanitaria: una cultura in evoluzione, Roma:Nuova Cultura
- Mariani, A. ( a cura di) (2018). Educazione affettiva. L’impegno della scuola attuale, Roma:Anicia
- Mariani, A. (a cura di) (2021). La relazione educativa. Prospettive contemporanee, Roma:Carocci
- Toschi, L. (2011). La comunicazione generativa, Milano:Apogeo
Franco Cambi
Franco Cambi è stato professore ordinario di Pedagogia Generale nell’Università di Firenze. Si è occupato di Filosofia dell’educazione, di Storia della Pedagogia, di Letteratura dell’infanzia e di Filosofia. Ha pubblicato circa 100 volumi. Numerosissimi i suoi articoli scientifici. Nel 1998 ha fondato la rivista “Studi sull’educazione. Open Journal of Education”, che ora esce presso la FUP. Oltre a vari incarichi di governo accademico, è stato Presidente dell’IRRE Toscana dal 2002 fino al 2006. Ha insegnato fino a quest’anno all’Università telematica IUL di Firenze.