Perché affrontare il tema del gusto dal punto di vista antropologico? Questo ambito disciplinare può offrire suggerimenti e aprire a riflessioni sul ruolo matriciale del cibo come elemento aggregatore di comunità, che da tempo rappresenta uno dei filoni di ricerca del Centro Ricerche sAu?
Sono queste le domande che ci hanno spinto a consultare il ricco e documentato manuale di Sergio Vitolo.
Del volume risaltano i capitoli iniziali, a partire da quello che affronta il gusto dal punto di vista sensoriale, grazie alle numerose nozioni interessanti che riporta. Una su tutte: mentre noi occidentali percepiamo quattro sapori – dolce, salato, amaro e acido – i tailandesi ne distinguono ben il doppio, aggiungendo il piccante, lo scialbo, l’astringente e il grasso.
Il libro
Antropologia del gusto
Autore: Sergio Vitolo
Anno: 2023
Editore: Franco Angeli
Luogo di pubblicazione: Milano
Ma a interessare chi scrive sono stati soprattutto i capitoli dedicati alla trattazione del gusto dal punto di vista sociale – i principali autori di riferimento sono Veblen, Bourdieu e Baudrillard – e storico-filosofico – dal vegetarianesimo pitagorico a Giorgio Agamben – che si conclude con un excursus sull’arte di Daniel Spoerri:
«I suoi “quadri trappola” conferiscono lunga vita ad attimi intensi, ma per loro natura fugaci, come quelli della tavola della condivisione. Qui la componente temporale della materialità viene “fissata” dal gesto artistico, permettendoci di cogliere il gusto, quasi la sensorialità dei protagonisti attraverso la natura degli avanzi di cibo. Quale migliore rappresentazione di cultura materiale quella nella quale cibo ed oggetti d’uso insieme testimoniano il sistema culturale e sociale della nostra vita?» (p. 47).
Dall’arte alla comunicazione, alla quale l’autore non risparmia una stoccata dovuta al suo appiattirsi agli aspetti di marketing:
«Nonostante l’impegno di tanti studiosi, nella concretezza della quotidianità, l’importanza del rapporto tra gusto e storia e, specificamente, la divulgazione della sua storia, si è arenato a livello degli slogan per le finalità del marketing, ai quali raramente corrispondono contenuti reali e storicamente attestati. Questo aspetto segna una grave lacuna della comunicazione, soprattutto se si riflette quanto in ambito scolastico resta da fare in tema di educazione all’alimentazione ed al gusto» (p. 44).
Una comunicazione, insomma, che troppo spesso ha pensato di poter essere una tecnica neutrale, priva di contenuti che, concentrandosi sugli aspetti economici, perde di vista la sua missione sociale e formativa. Mutatis mutandis, si tratta dello stesso problema sollevato più di 2000 anni fa da Cicerone nel suo De Oratore.
Tornando al volume di Vitolo, degno di nota – proprio perché tutt’altro che agiografico – è anche il capitolo dedicato alla Dieta Mediterranea, in cui si approfondiscono gli aspetti antropologici e comunicativi – prima ancora che scientifici – messi in atto dai coniugi Keys per rendere la frugale alimentazione cilentana Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità UNESCO. In un brano di un articolo di Elisabetta Moro, citato nel volume, si legge che
«Con una sapiente opera di idealizzazione e di costruzione di una narrazione improntata alla creazione di una nuova mitologia del Mediterraneo i Keys trasformarono le culture locali in modelli ideali, da proporre ad un mondo avviato a grandi passi verso il consumo di junk food e verso un modello di sviluppo insostenibile» (p. 369).
In conclusione, dopo aver consultato il volume di Vitolo, possiamo rispondere alla domanda iniziale dicendo che sì, l’antropologia può senz’altro offrire un contributo alla valorizzazione del potenziale di aggregazione e di costruzione di comunità insito nel cibo (inteso sia come produzione, sia come consumo). E lo può fare partecipando al necessario dialogo con i tanti saperi e le tante discipline indispensabili a questo scopo, tra cui – l’elenco non vuole essere esaustivo – le scienze dell’alimentazione, quelle sociali, ambientali, economiche e storiche. Senza dimenticare l’imprescindibile – e non più rimandabile – recupero dal punto di vista scientifico di quel novero di saperi (e sapori?) che fanno riferimento alla cultura popolare di gramsciana memoria.
Agricoltura e sviluppo rurale
La recensione contribuisce alla ricerca del Centro Ricerche sAu sul concetto di valore: l’idea è che questo concetto debba essere ridefinito, allontanandosi da una definizione basata su parametri esclusivamente economico-finanziari.
Ph.D., Ricercatore e socio fondatore del Centro Ricerche scientia Atque usus per la Comunicazione Generativa ETS.
Consulente presso Lab CfGC.