Quando è stato pubblicato il mio contributo per il volume Libri di testo e contenuti didattici digitali. Un dialogo possibile? (Carocci Editore, 2023), quando l’ho pensato e scritto (nel 2022), quando ho iniziato a occuparmi di questo tema (nel 2013, il famoso decreto Carrozza che “apriva” ai testi digitali), Chat GPT non esisteva, o era dormiente per la massa. Quindi, quale argomento più centrato per scrivere una Noterella di approfondimento (meglio, di futuro…)? E per farlo, neanche a dirlo, parto dal passato, dal 1982, da Walter Ong e dal suo Oralità e scrittura. Il saggio (famoso ma forse dimenticato) fa un excursus importante sulla storia della lingua e della comunicazione (banalizzo, come in tutte le sintesi moderne…) rivelando come un tempo la scrittura non fosse considerata una misura di comunicazione importante, ma che al contrario fosse dato più valore al ruolo della memoria nell’inventio e nella traditio; e di come, addirittura, quando la comunicazione in forma scritta è subentrata all’oralità (post civiltà greca) fosse sembrato un imbarbarimento, un indebolimento del sapere e delle capacità dell’uomo.
Il Centro Ricerche sAu da anni porta avanti progetti di ricerca e sperimentazione sulle tecnologie vecchie e nuove, per favorire uno sviluppo tecnologico che non automatizzi l’uomo ma che, al contrario, lo aiuti a rafforzare la propria creatività e progettualità.
Azzardando un parallelo storico pericoloso (come tutte le trasposizioni fuori contesto della storia), la stessa cosa è accaduta nel passaggio alla scrittura digitale, che rende superflua la memoria dell’uomo, anche quando supportata dalla scrittura. Interessante, per esempio, a livello di scuola, il tema della conservazione del corsivo, ritenuto nella vulgata quasi “eterno” – in realtà di recente invenzione (meno di duecento anni) – e contrapposto a livello formativo alla tastiera.
Con Chat GPT si compie un ulteriore passaggio perché “compone” da una banca dati (web) testi di senso (non sempre su domande di senso, anzi, riportando anche nei binari della razionalità quesiti illogici), frutto di dati e di una macchina che li rielabora su comandi dell’uomo. Qual è, allora, la caratteristica che la connota? E, in una già attuale ipotesi di utilizzo per apprendere, che cosa ci conserva umani rispetto a Chat GPT e ne potrebbe connotare l’uso a scuola per apprendere e insegnare? Non ho la risposta, ma provo a imbastire un ragionamento in chiave diacronica e con una ingenuità che meriterebbe più ampie e profonde riflessioni.
Così sono ripartito dai testi, dal Medioevo. Siamo in un nuovo Medioevo da questo punto di vista. Il nostro patrimonio di cultura, dall’anno Mille fino a oggi, si è fondato su collezioni testuali, come biblioteche ed enciclopedie. Anche oggi vale questo, perché queste collezioni sono per lo più state digitalizzate, in modo rigido o dinamico.
Dove pesca le sue informazioni Chat GPT ? In queste collezioni è bravissimo a custodire ed organizzare. Ma non solo. Per fare un nuovo testo l’algoritmo deve fare quella che noi vecchi filologi (svelo la mia origine di appassionato studioso) chiamiamo collatio: il confronto tra testi e varianti (grafiche, linguistiche, morfologiche) per ricavare il testo corretto. Si legge Dante, non avendo un suo manoscritto autografo, nella versione immaginiamo a lui più “vicina” (termine scottante per i puristi, perché allude al tempo, mentre voglio solo alludere alla vicinanza di pensiero), perché degli esseri umani (su San Tommaso, il gesuita Busa, anche con il computer, inventando la linguistica informatica) hanno fatto collazioni. La collazione è quel che fa Chat GPT: più veloce, più potente. “Legge” tutti i testi, li confronta in ordine cronologico, geografico, di importanza (un conto è il manoscritto copiato di Dante fatto da “pinco pallo” e un conto è la versione del Boccaccio, che ha anche il pregio di essere prossima nel tempo a Dante, ecc.). Quindi Chat GPT parte da n “collezioni” nel web, ne fa una collazione su regole date (il problema e la paura è tutta qui, quali regole e chi le ha date…) e le rimonta.
Il web è come una enorme scatola del Lego, in cui uno o più giocatori smontano le costruzioni precedenti, decidono cosa costruire, ne rimontano a loro piacimento. Anzi, su richiesta di un terzo (il consumer), ma a loro piacimento (sono loro i producer). Siamo passati dal paradigma dei social dove il consumatore è anche il produttore, (prosumer) a quello per cui il consumatore è sempre più consumatore. Diciamoci la verità, Chat GPT è un novello signor Wolf: risolve problemi (e non solo per metafora cinefila… lo fa davvero). Nel pensare Chat GPT , le analogie tra filologia, Lego e Intelligenza Artificiale sono pazzesche. Solo che, cosa caratterizza in filologia la collazione? L’intervento dell’uomo, che può fare ulteriori considerazioni se la parola che l’autore antico voleva scrivere era “amore” o “umore” o “remore” o “rumore”. Da giovane studente rimasi molto colpito dalla storiella (non so se vera) per cui uno studioso di lingua catalana medievale (dove una “a” o una “e” possono fare la differenza) aveva risolto un mistero interpretativo semplicemente raschiando la “a” e scoprendo che una piccola ala di mosca morta sul manoscritto aveva trasformato una “e” in una “a”. Cioè, l’uomo, nel processo filologico, fa una cosa che è l’interpretazione. In sostanza il bug di senso che può avere un testo collazionato dall’Intelligenza Artificiale può essere colmato solo da un uomo, che pensa e decide, come accade in filologia. La macchina offre solo soluzioni in più e magari scarta le meno probabili (anche su questo però ci sarebbe da dire perché proprio in alcuni casi filologici il testo veritiero è dato dalla variante meno accreditata). Non solo. Volendo potrebbe anche, a partire da una base di testo dantesco inventato da Chat GPT , fare una poesia come Dante. Chat GPT lo fa, ma non bene. Perché gli manca l’inventio (quella capacità a metà tra creatività e interpretazione che è degli artisti o degli scienziati). E non solo, Chat GPT non ha i sentimenti e le emozioni (qualcuno dice per ora, ma qui entreremmo nel tema etico…).
Progetto
Centro di Documentazione e Comunicazione Generativa “Don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana”
Il progetto prevede l’ideazione, la progettazione e la realizzazione di un Centro di Documentazione e Comunicazione Generativa orientato alla progettazione, attraverso il quale sostenere e promuovere attività di formazione che si ispirano al pensiero e all’azione di don Milani, con una particolare attenzione all’importanza della scrittura.
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Da queste prime e intuitive riflessioni, in sintesi, a scuola secondo me bisogna lavorare su Chat GPT (conoscere è scegliere e decidere), tenendo ben presente che:
- l’Intelligenza Artificiale è più potente come collezione che come collazione (che pure svolge egregiamente);
- ciò avviene perché il valore aggiunto dell’uomo è l’interpretazione, l’invenzione e l’emozione.
La scuola del 2023/2024 deve far conoscere il funzionamento dell’Intelligenza Artificiale (a tutti, non solo agli specialisti, ai “nerd”, ma l’endecasillabo si fa conoscere a tutti), utilizzando la sua stessa strategia: smontare e rimontare, soffermandosi sul senso critico delle regole per rimontare (punto 1).
Deve, però, non perdere la sua “mediterraneità” (cito un saggio di Damiano Previtali, La scuola Mediterranea) e sviluppare nel dialogo, nella lettura, nello storytelling, nei percorsi multidisciplinari interpretazione, invenzione ed emozione. Colpevole il libro di testo e le sue abitudini passive (ritorno all’origine della Noterella…) queste tre caratteristiche dell’uomo non sono dentro una sottolineatura, una ripetizione mnemonica di pagine, un’assegnazione di compito senza guida alcuna (“studiate da a…”).
In prospettiva, però, il campo di riflessione è ampio e chissà che qualcuno non voglia raccogliere la sfida. Ecco tre appendici a mio parere significative di questa Noterella “intuitiva” sullo stesso tema:
1) l’intelligenza artificiale è collazione secondo regole logico/matematiche. Diciamo che pensa da Macchina (per ora) perché le reti neurali artificiali (prendiamo il caso di Chat GPT) sono differenti e lavorano in modo differente rispetto alle reti neurali naturali/biologiche;
2) l’intelligenza artificiale interpreta, quindi, a suo modo; finché non creiamo un codice, un linguaggio raffinato per l’interpretazione umana vs interpretazione macchine dobbiamo usare gli stessi linguaggi. Qui c’è campo aperto per lo sviluppo in ambito linguistico;
3) l’invenzione delle macchine si basa sul passato (i dati da cui ha appreso) e non può uscire da quegli schemi; Chat GPT può inventare un sonetto, una canzone. L’uomo ha sicuramente dei bias e una cultura che lo trattiene al passato, ma può aprire nuove strade che non dipendono dal passato (penso alle rivoluzioni in primis, in tutti i campi);
4)le emozioni per ora sono fuori dal controllo tecnico (inteso come teoria scientifica validata dai dati, standard), ma non è detto che un giorno si riusciranno a spiegare e replicare neurofisiologicamente.
Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa. (2023). Libri di testo e contenuti didattici digitali. Un dialogo possibile?. Anichini, A., Bartolini, R. (a cura di). Carocci Editore: Roma;
Ong, W. J. (1982). Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola. Il Mulino: Bologna;
Previtali, D. (2022). La scuola mediterranea. Per una diversa narrazione e una storia nuova. Il Mulino: Bologna.
Daniele Barca
Dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo 3 di Modena.
Umanista prestato alle tecnologie per la didattica, segue dal 1995 progetti ed iniziative in questo ambito. Ha collaborato con l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa (Indire) e altre agenzie formative e universitarie sull’introduzione dell’ICT nella didattica. Ha partecipato alla stesura del Piano Nazionale Scuola Digitale.