Recensione

Tecnologia per monitorare o per controllare il corpo delle donne?

di Viola Davini | 10 10 2023

Il titolo di questa recensione trasforma volutamente il sottotitolo del libro “Come la tecnologia controlla il corpo delle donne” in forma interrogativa. Questo perché al termine della lettura nascono spontanee molte domande circa le principali tecnologie che fanno parte della vita quotidiana delle donne. L’autrice, scienziata e scrittrice, prende in esame alcune delle tecnologie che hanno caratterizzato le scoperte mediche nell’ambito della salute della donna: dalla pillola contraccettiva (anch’essa tecnologia nella misura in cui incide sul ciclo naturale delle mestruazioni), al test di gravidanza, all’ecografia fino alle contemporanee app di monitoraggio del ciclo mestruale (dette ‘period tracking’). Ognuna di queste “invenzioni” è presentata attraverso una digressione storica su come sia stata “scoperta”, un riferimento a come sia stata comunicata storicamente – prendendo come riferimenti spot pubblicitari di ogni epoca, immagini utilizzate sui mezzi di informazione etc. – e attraverso una riflessione sull’impatto sociale che ha avuto dal punto di vista individuale e collettivo.

Il libro

Gender Tech 

Come la tecnologia controlla il corpo delle donne

Gender tech - copertina

Autrice: Laura Tripaldi

Anno: 2023

Editore: Laterza

Luogo di pubblicazione: Bari 

Tutti questi passaggi rendono possibili processi di “svelamento” che ci convincono come nessuna tecnologia sia neutrale: «Raccontare la storia di un oggetto tecnologico non significa soltanto descrivere la cronologia della sua invenzione; significa provare a tracciare una mappa delle forze, materiali e immateriali, scientifiche e sociali, che hanno contribuito a dargli forma. Non credo che le tecnologie siano davvero “inventate” dall’uomo come cristalli, si condensano spontaneamente dal loro ambiente quando si realizzano le condizioni opportune» (p. 51). 

Se da una parte, infatti, si può pensare alla pillola contraccettiva come uno strumento di emancipazione per la vita riproduttiva della donna, l’autrice mette in mostra alcuni aspetti ambigui rispetto alla sua diffusione di massa, che non tiene conto del fatto che essa sia comunque il primo farmaco creato non per curare una malattia, ma per essere somministrato in persone sane. 

Ambito di Intervento
Tecnologie per valorizzare il tocco umano

Il Centro Ricerche sAu porta avanti progetti di ricerca basati su un’idea di tecnologia a sostegno della libertà umana e del diritto dei soggetti a conoscere e a orientare i propri comportamenti sulla base dei valori in cui si riconoscono.

E lo stesso vale per l’ecografia, uno strumento che ha cambiato il monitoraggio della stato di salute del feto, permettendo interventi che prima non potevano essere effettuati, ma che dall’altra parte ha accentuato la possibile strumentalizzazione della separazione tra identità del feto e della madre da parte dei movimenti anti-abortisti (basti pensare che ci sono paesi che prevedono per legge – anche contro la volontà della donna – l’auscultazione del battito cardiaco prima di decidere definitivamente se abortire).

«In una cultura dominata dalle immagini, la rappresentazione tecnologica di un corpo non è mai un processo neutrale; il ruolo ambiguo dell’ecografia nelle politiche riproduttive mostra come le tecnologie di genere possano agire per rafforzare e amplificare paradigmi culturali pre-esistenti» (p. 106). 

E non c’è solo il feto che si fa immagine, ma che come immagine diventa di dominio pubblico. Questo è il caso della rivista “LIFE” che nel 1965 scelse la foto “Feto di 18 settimane”,  scattata da Lennart Nilsson, per la propria copertina e in poco tempo divenne un’icona per i movimenti anti-abortisti. Eppure, andando oltre l’immagine, l’autrice suggerisce di soffermarsi sul momento in cui fu scattata, ovvero proprio al termine di un aborto.

In un intreccio continuo tra quello che emerge dalla comunicazione scientifica, da posizione politiche, da interessi economici e dall’immaginario generato dai mezzi di informazione, il libro riporta al centro del dibattito il diritto alla “conoscenza” e al possesso di strumenti per compiere scelte consapevoli rispetto alla propria salute. Solo lavorando su una corretta alfabetizzazione – pensando ai cittadini e alle cittadine come soggetti da coinvolgere nella progettazione delle tecnologie e non solo come utilizzatori finali –  sarà possibile stabilire quali siano i valori che guidano e ispirano l’ideazione e lo sviluppo di strumenti che sempre più saranno parte della nostra quotidianità.  

Mi piace chiudere con un passo del libro che allude direttamente al potere generativo delle tecnologie che possono ridefinire la relazione tra dimensione simbolica e fisica: «La riflessione sulla tecnologia è una riflessione intrisecamente femminista, anche quando le tecnologie di cui si parla non hanno, almeno in apparenza, nulla a che fare con il sesso e la riproduzione. Ogni tecnologia è una tecnologia riproduttiva perché l’incontro dell’essere umano con la tecnologia genera i corpi e le identità del futuro» (p. 127).

La recensione è a cura di

Viola Davini

Ph.D., Ricercatrice e socia fondatrice del Centro Ricerche “scientia Atque usus” per la Comunicazione Generativa ETS.

Svolge ricerca negli ambiti della salute e della sanità, è referente del Master in Comunicazione Medico-Scientifica e dei Servizi Sanitari realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università di Firenze.