Barbiana e la lotta per l’acqua
L’impegno di don Milani per la giustizia ambientale
di Valentina Vespi | 30 05 2023
Di cosa parliamo in questo articolo?
Partendo da un appunto autografo del 19 agosto 1956, conservato al Comune di Signa nella stanza del Sindaco Giampiero Fossi, l’articolo approfondisce come don Milani, da poco diventato Priore di Barbiana, tentò di affrontare il problema dell’acqua con cui i contadini del posto (e non solo) combattevano ogni giorno.
I punti approfonditi nell’articolo riguardano:
- Analisi del documento scritto da don Milani
- Il problema dell’acqua a Barbiana negli anni ‘50
- L’accusa di don Milani nella “Lettera dalla montagna” del 15 dicembre 1955
- Il problema odierno della siccità e dei cambiamenti climatici
- Quale consapevolezza del problema oggi e quali possibili soluzioni in un’ottica generativa di idee, proposte e contributi
- Contributo di Agostino Burberi, presidente della Fondazione don Milani
Ambito di Intervento
Tecnologie per valorizzare il tocco umano
C’è un foglio nell’ufficio del Sindaco di Signa, Comune della Città Metropolitana di Firenze, in formato 15 x 20 cm, spiegazzato ma incorniciato con cura.
Un foglio non qualunque, perché si tratta di un appunto autografo di don Lorenzo Milani. Il Sindaco, Giampiero Fossi, spiega che l’importante documento è stato donato dalla Fondazione don Milani agli inizi degli anni Duemila, in occasione dell’intitolazione di una scuola dell’Infanzia di Signa (in via Tifariti) al Priore di Barbiana. L’appunto, inedito, che reca la data del 19 agosto 1956, è una fonte importante che conferma quanto sia stato forte l’impegno e l’attenzione di don Milani alla risoluzione di problemi pratici, come in questo caso la mancanza di acqua, per consentire una vita dignitosa e autonoma a chi allora abitava le montagne di un Mugello molto povero. Questo suo impegno sul piano fortemente pratico, di cui ci restano numerose testimonianze, rivela conoscenze e competenze ‘tecniche’ relativamente ad aspetti agricoli che riflettono l’originaria cultura familiare: il padre Albano Milani Comparetti, infatti, aveva dovuto rinunciare alla carriera accademica alla morte di suo padre, Luigi Adriano Milani, nel 1914, per seguire l’amministrazione delle proprietà ereditate nelle terre di Montespertoli.
Don Milani affronta il problema dell’acqua subito dopo il suo arrivo a Barbiana: sin dalle lettere alla madre, contenute nel volume Alla mamma. Lettere 1943-1967, si percepisce l’attenzione del Priore al miglioramento delle condizioni di vita dei suoi nuovi parrocchiani, a iniziare dai beni fondamentali come quello dell’acqua, per contrastare alcuni aspetti della povertà in cui vivevano. Una povertà a tutto tondo, appunto, dove era difficile quanto errato dividere gli aspetti spirituali che quelli materiali.
La dimensione del problema era emersa chiaramente in occasione di un incendio, come riportato dal Priore nella sua lettera alla madre del 22 luglio 1955, dove risulta chiara la criticità legata all’approvvigionamento idrico: «Se [l’incendio] avesse raggiunto le case non c’era altro che mettersi a sedere a vedere perché non c’è un goccio d’acqua da nessuna parte. Non si finisce mai di vedere come sono infelici i montanari. In queste circostanze hanno uno sguardo che non si capisce se è feroce o rassegnato».
Inedito
«[…] siccità eccezionale quattro mesi che non piove sul serio, 2 mesi dall’ultima scossa»
Un inedito di don Lorenzo Milani
(Comune di Signa, stanza del Sindaco)
Nel settembre del 1955, a meno di un anno dal suo arrivo, comincia a prendere forma la battaglia del Priore per aiutare le famiglie di Barbiana riguardo al problema di approvvigionamento dell’acqua, ma anche della corrente elettrica. Si adopera per fare costruire l’acquedotto, coinvolge ingegneri, vorrebbe che una fonte, presente in un terreno privato, diventasse un bene comune, ma vista l’impossibilità di trovare un accordo tenta allora di capire con un avvocato se si possa procedere a un’espropriazione. Ma visto che le vie legali sono difficili e lunghe, decide di esplorare, con i suoi ragazzi, il territorio intorno, in cerca di una fonte di acqua “molto più ricca” rispetto a quella negata. Ed è così che si arriva alla Lettera dalla montagna, pubblicata sul “Giornale del Mattino” il 15 dicembre 1955 e considerata il culmine della sua lotta per l’acqua come bene comune. Qui don Milani parte dall’articolo 3 della Costituzione («Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale») per arrivare, dopo aver citato la Rerum Novarum (1891), la Lettera Enciclica di Leone XIII, a criticare l’operato del clero, ritenuto poco attento ai bisogni degli ultimi.
«Se i contadini avessero quella parità di diritti con gli operai che non hanno, cioè per esempio quella di lavorare solo otto ore al giorno, si potrebbe dire dunque che qui l’uomo lavora mezza giornata solo per procurarsi l’acqua. Dico acqua, non vino!». Don Milani sostiene l’idea di un consorzio e critica aspramente “l’idolatria” del diritto di proprietà a discapito di chi aveva veramente bisogno.
Ed è emblematico del suo rapporto con la Chiesa che citi proprio la Rerum Novarum, in cui il punto cardine è che «La proprietà privata è di diritto naturale […] sancita dalle leggi umane e divine». Nelle ultime righe della Lettera dalla montagna, quindi, si sente l’esigenza e la richiesta di giustizia insieme ad atti necessari e portatori di valori: «Son dieci anni che i cattolici hanno in pugno i due poteri: legislativo ed esecutivo. […] Ma sommo disonore è invece se potranno dire di noi che, con tutte le pretese di rivelazione che abbiamo, non sappiamo poi neanche di dove veniamo o dove andiamo, e qual è la gerarchia dei valori, e qual è il bene e quale il male, e a chi appartengono le polle d’acqua che sgorgano nel prato di un ricco, in un paesino di poveri».
Dal documento inedito qui pubblicato, si può comprendere quanto appassionato, e illuminato, sia stato negli anni lo studio di don Milani del territorio di Barbiana, quanta forza abbia messo nel voler dimostrare, a distanza di mesi dalla lettera pubblicata sul “Giornale del Mattino”, che l’acqua attorno a lui si disperdeva in rivoli inutilizzati, in primis dal proprietario di quella fonte che don Milani aveva chiesto diventasse di tutti. Quanto preponderante fosse in lui quell’aspetto del suo carattere per cui invitava i suoi allievi (e non solo loro) a non mollare mai, a non arrendersi, a non cessare mai di cercare ogni strada possibile per raggiungere l’obiettivo che si erano posti. Perché se è un obiettivo giusto ci deve essere il modo per tutti, compresi gli ultimi, di cambiare, di rovesciare la condizione di povertà e infelicità che dominava sulle montagne vicino a Vicchio.
Quell’agosto del 1956 segnò un periodo di siccità importante: non pioveva da quattro mesi.
Ci sono tre fonti nelle vicinanze di S. Andrea a Barbiana, e per ognuna il Priore calcolò quanta acqua venisse dispersa e finisse nei terreni circostanti quando invece avrebbe potuto essere utilizzata dalle nove famiglie di contadini che abitavano quella parte della montagna: Fonte all’acero, che confluiva nel Rio principale, e fonte di Rimaggio che si disperdeva nel prato.
Un periodo di siccità non raro per l’Appennino, ma anche argomento oggi di grande importanza, collegato sì ai cambiamenti climatici in atto ma inscindibile – ieri come oggi – dal problema dell’acqua come bene pubblico. È passato oltre mezzo secolo da allora, ma la questione è diventata di rilevanza sempre più strategica nel nostro paese, soprattutto se si considera la chiara indicazione politico-sociale venuta dai risultati del Referendum popolare del 2011 sull’acqua pubblica e mai portato a compimento da chi ha governato il nostro paese.
Già negli anni ‘50 del Novecento don Milani poneva il problema chiaramente, alla luce della violazione di un fondamentale diritto costituzionale.
Una prospettiva questa, centrata sulla natura costituzionale del problema, che ci spinge a chiederci come don Lorenzo Milani avrebbe valutato, oggi, il decalogo urbano stilato da Legambiente.
Al punto 10, per esempio, viene sottolineato il coinvolgimento dei cittadini nella gestione sostenibile delle risorse idriche urbane e nella sensibilizzazione alla comprensione dei rischi e opportunità.
Stando a quanto dichiarato dalla Società Meteorologica Italiana, il 2022 è stato un anno tra i più caldi e meno piovosi che si ricordino. Si è registrato, infatti, un saldo negativo pluviometrico complessivo del 30% e, secondo i dati dell’Osservatorio Città Clima di Legambiente, sono aumentati del 367% i casi di danni dovuti alla siccità.
Questo ci dice come sia necessario un cambiamento urgente, che passi dalle città e arrivi alle campagne, attraverso un percorso generativo e partecipativo con i cittadini, per creare una nuova consapevolezza, per capire quali sono i bisogni e le possibili soluzioni in armonia con la sostenibilità ambientale e l’attenzione costante ai paesaggi che viviamo. Per esempio è fondamentale, come riportato dal citato Osservatorio di Legambiente, comprendere il potenziale della raccolta delle acque meteoriche in ambiente urbano e il riutilizzo di quelle reflue per l’agricoltura, pari a 22 miliardi di metri cubi d’acqua all’anno: corrispondenti a circa 3 volte la capacità contenuta nei 374 grandi invasi in esercizio, nella pratica questo si traduce in 6,9 miliardi di metri cubi.
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Don Milani amava i numeri, e l’appunto autografo che pubblichiamo lo testimonia: amava essere preciso e documentare con i fatti, talvolta con grafici o percentuali, quello che diceva e cercava di insegnare ai suoi ragazzi. Tornano alla mente le parole dell’Arcivescovo di Camerino D’Avack che, nella prefazione di Esperienze pastorali, nel 1957, afferma: «Sono, questi, tutti problemi che devono essere studiati profondamente in tutti i loro aspetti anche tecnici e contingenti; ma anche qui solo la Carità può dare la forza per questo studio». Riecheggiano in queste parole non solo l’aspetto religioso, sempre comunque presente nella vita di don Milani, ma anche l’aspetto “pratico”, entrambi motori di una quotidianità che il priore viveva, dall’individuazione del problema alla ricerca della relativa soluzione.
Il contributo di Agostino Burberi, Presidente della Fondazione don Milani e allievo della scuola di Barbiana, raccolto dal nostro Centro di ricerca in una video intervista registrata il 3 aprile 2023, può dare un aiuto importante a ben inquadrare questo inedito disegno milaniano.
Burberi ci conferma l’autenticità dell’appunto conservato a Signa, e la appartenenza a don Milani. Ricorda bene quell’estate di siccità, aveva 9 anni. E’ ben salda nella sua mente la forza e la determinazione di don Lorenzo nel voler trovare una soluzione al problema. Il suo primo pensiero va all’idea di consorzio che formulò il Priore, poi alla lotta legale che voleva intraprendere e che fallì, ma soprattutto alla lettera qui ricordata, inviata al Giornale del Mattino. Don Lorenzo non si faceva scoraggiare dai “fallimenti”, dice Burberi, ma continuava per la sua strada nel tentare di trovare soluzioni per lo stato di indigenza dei montanari. A Barbiana nove famiglie erano da sempre senza acqua corrente. Delle fonti d’acqua c’erano, ma il punto era che non si trattava di acqua potabile. Come si vede nel disegno di don Milani, l’acqua partiva da una località chiamata Salvini, nel bosco, in alto. Da lì scaturivano sorgenti che però venivano utilizzate soprattutto per agricoltura e allevamento. Le due sorgenti, Acero e Rimaggio, confluivano nel Rio principale, e don Lorenzo nello schizzo del suo progetto mostra come volesse incanalare l’acqua e portarla alle case dei contadini. Purtroppo non riuscì nei suoi intenti: il proprietario di una delle sorgenti – che si era inizialmente dimostrato disponibile – due settimane dopo si dichiarò contrario a concedere l’uso delle acque, e sarà proprio da questo episodio che nasce e sarà pubblicata la Lettera dalla montagna. Il disegno rappresenta il progetto iniziale di Lorenzo. L’azienda di pneumatici Pirelli, successivamente al rifiuto del proprietario di una delle sorgenti di mettere l’acqua a disposizione di tutti,
donò un tubo di qualche chilometro alla scuola. Così si riuscì a sfruttare l’acqua di una sorgente vicina e alternativa a quella negata dal proprietario della fonte: «Era un sogno che lui ha messo su quella cartina». Nel documento originale milaniano si nota lo stile del Priore, che studiava anche dal punto di vista tecnico la fattibilità di quello che aveva intenzione di realizzare: nei documenti, nei libri, e facendo lezione insieme ai suoi ragazzi, tutto doveva essere «suffragato da numeri, grafici, documenti, dati reali». Con don Lorenzo non si poteva affrontare un argomento o una tematica senza essere preparati a dovere: «Mi ricordo che in tutte le occasioni esigeva da noi uno studio approfondito. Ad esempio – dice Burberi – ci portò allo zoo a Roma e, prima di andare, avevamo studiato tutto degli animali che avremmo visto. Di fronte alla gabbie, giravamo lo sguardo alla gabbia vicina e riconoscevamo gli animali salutandoli come se fossero amici nostri. Un’altra volta andammo alla Scala a vedere la Bohème: eravamo nel palco delle autorità, e finito lo spettacolo tutto il personale della Scala è corso da noi e ci hanno fatto visitare tutto il teatro per due ore perché erano rimasti impressionati dal nostro entusiasmo e dalla nostra preparazione».
I dati degli scritti di don Lorenzo, infatti, non sono mai stati contestati: il già Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, nella missiva riportata in Lettera di commento a Esperienze pastorali pubblicata da Neera Fallaci nel suo volume Dalla parte dell’ultimo (1974), dopo aver letto Esperienze pastorali si complimentò con il Priore per la precisione e la metodologia nell’affrontare qualsiasi tematica: «Se avessi avuto il coraggio di adoperare il suo metodo, applicato da lei per fotografare il popolo di San Donato a Calenzano, applicato all’Italia avrei fatto la rivoluzione».
Burberi ha le idee chiare, il problema siccità esisteva nel 1956 e sottolinea come oggi non abbiamo fatto altro che peggiorare la situazione. Siamo d’accordo nell’affermare che è un problema del quale farsi carico per le future generazioni: dobbiamo impedire ai giovani di oggi di avere ulteriori problemi e avere la volontà di costruire una comunità consapevole ed educata al rispetto delle risorse naturali. Le parole del presidente della Fondazione don Milani ci portano a riflettere e pensare anche, e soprattutto, a chi nel mondo vive situazioni drammatiche legate all’acqua: il fenomeno migratorio, ad esempio, legato al problema della mancanza d’acqua, è argomento discusso dalle istituzioni e dai cittadini ma, come Burberi, pensiamo che debba essere ulteriormente approfondito, per comprendere fino in fondo la realtà dei fatti anche in relazione alle Barbiane del mondo: alla fine, come dice Burberi, sono solo persone che «scappano dal rischio di non poter sopravvivere». Non molto diverse dai parrocchiani di don Milani.
E poi ci sono le alluvioni, le esondazioni – vedi quanto è successo in queste ultime settimane -, per un’improvvisa abbondanza di acqua. Squilibri folli della natura? No, squilibri folli, ancora, sempre di più, dell’uomo.
Dalle Anteprime della Library di sAu
Bibliografia
- Papa Leone XIII. (1891). Rerum Novarum. Lettera Enciclica;
- Milani, L. (1990), Alla mamma. Lettere 1943-1967. (Battelli, G. A cura di). Bologna: Casa Editrice Marietti 1820;
- Milani, L. (1990), Esperienze pastorali. Firenze: Libreria Editrice Fiorentina;
- Milani, L. (1970), Lettere di Don Lorenzo Milani, priore di Barbiana. (Gesualdi, M. A cura di). Milano: Mondadori;
- Fallaci, N. (1977), Dalla parte dell’ultimo. Vita del prete Lorenzo Milani. Milano: Milano Libri Edizioni
Sitografia
Autore
Valentina Vespi
Intervistato
Agostino Burberi