Intervista a Maurizio Landini
di Marco Sbardella | 14 11 2024
Di cosa parliamo in questo articolo?
Uno dei passaggi più celebri degli scritti milaniani proviene dalla Lettera ai cappellani militari e parla dello sciopero e del voto come dei principali strumenti a disposizione dei poveri per far valere i propri diritti. Di quale stato di salute godono oggi?
È questo il punto di partenza dell’intervista a Maurizio Landini, Segretario generale della CGIL, in cui si esplora il valore e l’attualità degli insegnamenti di don Lorenzo Milani, un riferimento fondamentale per il mondo del lavoro e per i diritti dei lavoratori. L’intervista tocca temi centrali quali la condizione precaria delle nuove generazioni, la giustizia sociale e la necessità di un nuovo modello di impresa che metta al centro le persone e non solo il profitto.
Ambito di Intervento
Cultura e Società
Il Centro Ricerche sAu collabora da anni con scuole, università e istituzioni, lavorando sull’educazione alla cittadinanza attiva e consapevole per le giovani generazioni.
«[…] io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto.» In questo famoso passaggio della Lettera ai cappellani militari don Lorenzo rivendica la scelta di campo netta dalla parte degli ultimi e, parlando di sciopero e voto come degli unici strumenti leciti, chiama in causa direttamente il sindacato e i partiti politici. A quasi Sessant’anni di distanza, con un aumento eclatante dell’ingiustizia sociale e della disuguaglianza economica e una crisi, in corso ormai da tempo dei corpi intermedi, sciopero e voto sono ancora le armi su cui puntare? E se non sono più sufficienti, cosa affiancare loro?
Queste parole dimostrano la straordinaria attualità di don Lorenzo Milani. Si parla di strumenti che, purtroppo, da anni sono sotto attacco. Lo sciopero viene criminalizzato da una parte del mondo politico, così come diverse forme di manifestazione. Si pensi a ciò che è venuto fuori con il ddl sicurezza in questi giorni. Ma una cosa è certa: le vertenze più difficili, quelle sulla difesa dell’occupazione come quelle sull’incremento dei salari, senza gli scioperi non si sarebbero mai vinte. Il valore del voto, invece, è stato svilito da politiche sbagliate che non hanno risposto alle esigenze e ai bisogni di centinaia di migliaia di cittadini, che per queste ragioni non si sentono rappresentati da nessuno. E nella maggior parte dei casi si tratta delle fasce più deboli della società. Nella nostra esperienza sindacale, a differenza di ciò che è accaduto per altre elezioni, il valore del voto continua ad avere una sua forza, perché legato ad un mandato che i lavoratori consegnano ai propri rappresentanti. Non è un caso che nelle elezioni dei rappresentanti nei luoghi di lavoro si raggiungano percentuali di affluenza prossime alla totalità delle lavoratrici e dei lavoratori. Questo mi fa dire che sia il voto che lo sciopero continuano ad essere strumenti necessari ad un sistema democratico che non si accontenti di rappresentare sempre meno persone, ma che si ponga l’obiettivo dell’inclusività soprattutto dei cittadini più in difficoltà. Non sono sicuramente gli unici strumenti, ma sicuramente rimangono tra i più importanti.
Tanto si è detto e si è scritto nel corso dei decenni su quanto la scuola italiana abbia recepito o meno i principi, i valori e i metodi milaniani. Per quanto riguarda invece il sindacato, qual è stata la ricezione di quell’esperienza e di quel messaggio?
Gli ultimi di don Milani sono spesso le persone in carne ed ossa che il nostro Sindacato organizza. Don Milani, come lo stesso Di Vittorio, hanno fatto della prospettiva degli ultimi la propria visione e oggi il nostro sindacato sta recuperando quella tradizione, la tradizione del sindacato di strada che prova a riunire un mondo del lavoro frammentato e sempre più indebolito. Come fece don Milani, abbiamo il dovere di uscire dalle comfort zone e guardare a chi soffre maggiormente.
Don Milani aveva anche un’idea molto chiara di cos’è la giustizia sociale. In Esperienze Pastorali ha scritto: «Bisogna ricuperare anche tutte le ricchezze che per secoli son partite dalla terra verso i salotti cittadini (e dire che l’art. 43 della Costituzione vorrebbe invece indennizzare i salotti!). Rendere queste ricchezze ai loro veri proprietari, trasformarle in bagni, sciacquoni, scuole, strade, trattori, canali». Mi sembra che nei decenni intercorsi da questo scritto le cose siano andate in ben altra maniera e le chiedo cos’è e come si può realizzare – oggi – una giustizia sociale che sia sostanziale e non solo formale.
Lettere ad un maestro. Gli studenti e le studentesse scrivono a don Lorenzo Milani
Un progetto grazie al quale i ragazzi delle scuole secondarie della Città Metropolitana di Firenze potranno sperimentare la Scrittura Generativa e utilizzare le risorse del Centro Generativo “Scuole di Barbiana”.
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Ci sono alcune cose semplici ed altre più complesse. Sicuramente si può partire dalle cose più semplici. Una riguarda il nostro sistema fiscale: se a pagare le tasse nel nostro Paese è solo il mondo del lavoro dipendente e si consente ad altri soggetti di pagare aliquote più basse o di evadere è un problema. Il patto fiscale va rifondato: ognuno paghi sulla base del proprio reddito reale, basta condoni, flat tax e concordati. Un altro strumento necessario è la redistribuzione della ricchezza, soprattutto quella prodotta in modo esponenziale in questi anni, e per far questo è necessario innanzitutto rinnovare i contratti nazionali. Non sono solo priorità sindacali, sono strumenti fondamentali anche per migliorare l’economia del Paese.
Durante un’intervista in TV dello scorso anno rilasciata a Fabio Fazio su Rai 3 lei ha dichiarato: «Oggi i giovani guardano avanti e non vedono un futuro, perché hanno davanti la precarietà e il rischio di non poter usare l’intelligenza che hanno per cambiare la soluzione. Don Milani ha capito da subito che la conoscenza è quella che fa la differenza. Siamo davanti al fatto che un figlio di un lavoratore dipendente farà il precario per tutta la vita». Secondo lei cos’ha ancora da dire don Milani a una ragazza o a un ragazzo di oggi?
La sua eredità è straordinaria e ricca, ma sicuramente la centralità dell’educazione, del sapere nel suo pensiero è uno dei migliori doni che possiamo consegnare alle future generazioni. Oggi ancora più importanti alla luce dei profondi cambiamenti a cui stiamo assistendo. Oggi bisogna ripensare il sistema di formazione: serve garantire il diritto alla formazione per tutto l’arco della vita, immaginando di finalizzare la necessaria riduzione dell’orario di lavoro anche a percorsi di formazione. Naturalmente, in questo quadro dobbiamo fare i conti anche con l’estrema diffusione della precarietà di cui parlavo in quell’occasione. Per quello c’è una sola soluzione: l’abrogazione di leggi sbagliate, cosa che stiamo proponendo con la nostra iniziativa referendaria.
In un’intervista che ci ha concesso e che abbiamo recentemente pubblicato, Fausto Bertinotti ha sostenuto che ridare dignità, rappresentanza politica e forza sociale ai lavoratori è la conditio sine qua non per interrompere una spirale regressiva in termini politici, sociali ed economici, che ha preso il via nei primi anni ‘80 del Novecento e nella quale siamo tuttora immersi. Con l’aggravante, rispetto ad allora, dell’inasprimento delle crisi ambientali, delle violenze pandemiche e belliche, dell’inquietudine causata dall’imprevedibilità dello sviluppo delle nuove tecnologie. In che modo, a suo parere, è possibile oggi in Italia dare operatività a questa visione, che immagino condivida?
È quello che proviamo a fare ogni giorno. Il sindacato, per come abbiamo da sempre pensato alla CGIL, è soggetto politico: unire le istanze di lavoratrici e lavoratori che provengono da mondi diversi significa dargli cittadinanza politica. Noi ci impegniamo quotidianamente a realizzare sempre meglio questo progetto. Ciò che sicuramente è quasi completamente mancato in questi anni terribili è la rappresentanza di questi mondi nelle Istituzioni. Questo ha indubbiamente indebolito il nostro assetto democratico.
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Ridare dignità, rappresentanza politica e forza sociale ai lavoratori – argomenta Fausto Bertinotti – è la conditio sine qua non per interrompere una spirale regressiva in termini politici, sociali ed economici, che ha preso il via nei primi anni ‘80 del Novecento e nella quale siamo tuttora immersi.
Secondo i dati INAIL in Italia nel 2023 ci sono stati 1041 morti sul lavoro e 585.356 infortuni. Di questi numeri si parla troppo poco e ancora meno si fa per evitarli. Ma c’è un altro dato di cui invece non si parla proprio: 72.754 patologie di origine professionale denunciate, in aumento del 19,7% rispetto all’anno precedente. Questi numeri, peraltro, sono in costante aumento negli anni: nel 2003 erano poco più di un terzo rispetto a ora. Questo fenomeno rappresenta un progresso (maggior consapevolezza che fa emergere patologie prima passate inosservate) o un fallimento (incapacità di fare prevenzione a fronte di sempre maggiori conoscenze) per la medicina del lavoro?
Sicuramente c’è un elemento di maggiore consapevolezza, ma a questo si aggiunge l’affermarsi di un modello di fare impresa sbagliato. È un modello che non guarda più all’uomo, alle sue esigenze, ma guarda quasi esclusivamente al profitto, alla velocità con la quale si ottiene il profitto, al guadagno immediato. E per far questo, non solo si accelerano i ritmi di lavoro, ma si mettono i lavoratori in competizione tra loro. I dati Inail sono la rappresentazione evidente della necessità di cambiare questo modello.
Conclusioni
In questa intervista Maurizio Landini ci ha restituito un quadro chiaro e al tempo stesso complesso del presente e del futuro delle lotte sindacali e dei diritti sociali. Landini ci ha ricordato quanto sia fondamentale preservare strumenti come lo sciopero e il voto, non solo come armi della democrazia, ma come elementi imprescindibili per una società più giusta e inclusiva. La riflessione su don Milani, con la sua visione etica e educativa, ci riporta all’urgenza di dare dignità e opportunità a tutti, soprattutto alle nuove generazioni che affrontano un contesto caratterizzato da precarietà e incertezza. La sfida che il sindacato si trova ad affrontare oggi è duplice: da un lato, quella di difendere e rappresentare chi è stato escluso dalle dinamiche politiche e sociali, dall’altro, quella di trasformare il modello produttivo, che troppo spesso antepone il profitto alla dignità umana. È questo il ruolo politico che il sindacato deve assumere, quello di ridare rappresentanza e voce a chi non ce l’ha.
La centralità dell’educazione e del sapere come strumenti di emancipazione personale e collettiva è un’eredità preziosa che don Milani ci ha lasciato e che, oggi più che mai deve guidare le scelte politiche e sociali. A partire dalla scuola, che se assume pienamente il suo ruolo costituzionale non può che essere una palestra di cittadinanza per le giovani generazioni. Per costruire un futuro diverso e migliore, quindi, è necessario scommettere su un sistema educativo e lavorativo che metta al centro la persona e che garantisca a tutti il diritto alla formazione e al lavoro dignitoso. Solo così potremo creare una società che non lascia indietro nessuno, basata sull’inclusività e sulla giustizia sociale.
Questa intervista è un’occasione di riflessione preziosa. Le parole di Landini ci sollecitano a non rassegnarci, ma a costruire tutti insieme un futuro migliore, in cui il lavoro, la giustizia sociale e la dignità delle persone siano davvero le fondamenta del nostro vivere comune. Ciascuno nel proprio contesto quotidiano: nella scuola, nel lavoro, nel terzo settore.
E noi del Centro Ricerche sAu, in questo contesto, abbiamo creato un modesto strumento, il Centro Generativo “Scuole di Barbiana”, proprio per dar voce a tutti e tutte coloro che, nel loro quotidiano, operano per aumentare gli spazi di democrazia e cittadinanza attiva a scuola, sul posto di lavoro, nella società civile.
Autore
Marco Sbardella
Ph.D., Ricercatore e socio fondatore del Centro Ricerche scientia Atque usus per la Comunicazione Generativa ETS. Consulente presso Lab CfGC.
Svolge ricerca negli ambiti dello sviluppo rurale, del climate change e della comunicazione sanitaria.
Intervistato
Maurizio Landini
Maurizio Landini è nato a Castelnovo Ne’ Monti (Reggio Emilia) il 7 agosto 1961. Il 24 gennaio del 2019 viene eletto segretario generale della Cgil al XVIII Congresso nazionale a Bari e riconfermato al XIX Congresso nazionale a Rimini il 18 marzo 2023.