di Ludovica Mastrobattista | 02 02 2024
Di cosa parliamo in questo articolo?
L’Articolo affronta il tema dei Centri di scrittura da una prospettiva storica, volta ad approfondire la loro origine ed evoluzione nel tempo, fino alla definizione di un nuovo status e ruolo nella contemporaneità, in contrasto con un immaginario collettivo ancora legato al ‘vecchio’ paradigma di metodo e approccio pedagogico diffusosi negli anni ‘50-’60 del Novecento.
Il contributo si inserisce in un filone di ricerca attivo all’interno del Centro Ricerche sAu sulla scrittura collaborativa e affronta i seguenti punti salienti:
- Laboratori di scrittura per rimettersi in pari;
- Cliniche di scrittura per studenti mediocri;
- Un cambio di paradigma: verso un ‘Centro di scrittura’ più inclusivo;
- L’idea di un Centro di scrittura come ambiente collaborativo;
- Un immaginario collettivo ‘scorretto’.
Ambito di Intervento
Tecnologie per valorizzare il tocco umano
Introduzione
Originariamente concepiti come luoghi di ‘recupero’ per gli studenti che presentavano lacune significative nella gestione della lingua, i Centri di scrittura (attivati presso le università e college americani agli inizi del Novecento) hanno sperimentato negli anni un’evoluzione sia in termini di metodo di insegnamento alla scrittura che di approccio pedagogico. Inizialmente incentrate sull’editing del testo, le attività svolte in tali Centri hanno progressivamente abbracciato una prospettiva più ampia, focalizzandosi sulla crescita individuale dello studente e sulla condivisione del sapere. L’introduzione del tutoraggio tra pari, come nuovo approccio formativo comunicativo, ha trasformato i Centri di scrittura in spazi più inclusivi e collaborativi, dove lo scambio di idee ha assunto un ruolo cruciale nel potenziamento delle competenze scritte degli studenti a tutti i livelli. Tuttavia, nell’immaginario collettivo, il Centro di scrittura è rimasto legato alle sue ragioni storiche di professionalizzazione, inteso come spazio di ‘riabilitazione’ in seguito alla Literacy Crisis degli anni ‘70 – letteralmente ‘crisi di alfabetizzazione’ – dovuta alla crescente disuguaglianza nell’educazione della popolazione studentesca statunitense. Un’etichetta che non rispecchia la sua attuale natura e per la quale alcuni studenti stentano ancora oggi a frequentarli.
Laboratori di scrittura per rimettersi in pari
I primi Centri di scrittura si diffusero agli inizi del XX secolo negli Stati Uniti, noti come Writing Labs e concepiti inizialmente come attività complementari alle lezioni svolte in classe. Negli anni ‘30, nei college e nelle università americane si ritenne necessario creare spazi dedicati a tutti quegli studenti che manifestavano gravi carenze nella gestione della lingua al termine dei percorsi di formazione precedenti all’istruzione superiore (Waller, 2002). Nei Laboratori di scrittura, i docenti affrontavano principalmente questioni come la grammatica dei testi, l’ortografia e la punteggiatura, problemi che gli studenti non avevano risolto fino a quel momento (Calle Arango et al., 2017; Molina-Natera, 2014).
L’approccio didattico adottato in questi corsi di recupero era quello del Laboratory Method, coniato probabilmente da Philo Buck, insegnante di scuola superiore (Carino, 1995). Il Metodo Laboratoriale applicato da Buck prevedeva la collaborazione in classe nelle attività di scrittura tra gli studenti, così come un momento di incontro individuale con ciascuno di loro. Buck trovò questo metodo analogo al lavoro svolto in un laboratorio scientifico. Tale approccio – che mirava a fornire un’esperienza pratica e interattiva per migliorare le abilità di scrittura degli studenti – andò incontro poi a un’evoluzione come modello pedagogico di insegnamento alla scrittura, trovando infine un vero e proprio riconoscimento negli anni ‘40 (Boquet, 1999).
Furono due eventi storici, in particolare, ad incrementare l’azione svolta nei Laboratori di scrittura, legittimati anche dagli psicologi come Writing Clinic. Le attività realizzate in questi luoghi miravano a offrire rimedio alla crescente eterogeneità della popolazione studentesca – che presentava background educativi diversi – attraverso corsi di ‘livellamento’ (Boquet, 1999).
Negli anni ‘50, infatti, in seguito alla Seconda guerra mondiale, i Laboratori o Cliniche di scrittura divennero punti strategici per coloro che, dopo aver partecipato attivamente al conflitto, tornavano nel Paese senza aver avuto un’istruzione formale per anni (Boquet, 1999; Calle Arango et al., 2017). Questa esigenza si presentò nuovamente negli anni ‘60 con l’adozione delle politiche di open-admissions all’istruzione statunitense, in risposta al crescente malcontento di quella parte della società che non vi aveva avuto accesso fino ad allora. L’evento determinò una crescita significativa della popolazione studentesca, che portò a una proliferazione di ‘programmi rimediali’ nei college e nelle università americane (Boquet, 1999; Moore, 1950; Molina-Natera, 2014).
In questo contesto, i Centri di scrittura assunsero un ruolo fondamentale nel fornire supporto personalizzato agli studenti che presentavano un livello di istruzione mediocre, la maggior parte appartenenti a ceti sociali svantaggiati o figli di immigrati. La diffusione di tali luoghi si estese su tutto il territorio statunitense con l’obiettivo di rispondere alla necessità dei docenti di uniformare il livello di preparazione accademica, rafforzando le competenze linguistiche dei ‘nuovi’ iscritti all’università e garantendo pari opportunità di accesso all’istruzione superiore.
Tuttavia, le attività svolte dai Writing Labs o Clinics in quegli anni furono oggetto di critiche e discriminazioni, perché considerati luoghi dedicati esclusivamente a studenti neofiti con livelli di formazione inferiori alla media, ai quali si offrivano corsi di recupero volti a colmare le loro insufficienze come strategie di ‘accoglienza’ (Boquet e Molina-Natera, 2014).
Negli anni ‘70 i Centri di scrittura dovettero far fronte alla Literacy Crisis come evento conseguente all’aumento delle iscrizioni nelle università statunitensi in seguito alle open-admissions, che determinò la presenza di studenti con insufficienti livelli di formazione superiore e una presunta diminuzione delle competenze di scrittura (Boquet, 1999).
In questi anni si verificò un cambio nella terminologia utilizzata per descrivere i luoghi dedicati alla scrittura all’interno delle università: da ‘Laboratorio’ e ‘Clinica’ a ‘Centro’ (Boquet, 1999). Emerse una preferenza per questo termine poiché rifletteva meglio l’approccio centrato sullo studente e sulla collaborazione con insegnanti e colleghi nelle attività dedicate alla scrittura, indipendentemente dall’area di conoscenza (Waller, 2002). Chiamare questi spazi Center li rendeva più inclusivi, aprendoli a tutti gli studenti universitari e non solo a chi avesse difficoltà linguistiche e comunicative. Inoltre, questa terminologia riconosceva il ruolo della lingua non solo da un punto di vista accademico ma anche – forse soprattutto – sociale (Calle Arango et al., 2017).
Il tutoraggio tra pari venne introdotto ufficialmente a partire dagli anni ‘80 del Novecento come alternativa al metodo tradizionale di insegnamento impartito dai docenti nei Writing Labs e nelle Writing Clinics, incentrato principalmente sul testo. Il nuovo modello offriva un’assistenza più ravvicinata e meno gerarchica agli studenti, grazie al supporto di tutori e all’introduzione di attività collaborative basate sul dialogo e sulla reciproca istruzione (Waller, 2002; Calle Arango et al., 2017). Secondo Stephen M. North (1984) – direttore del Writing Center della State University of New York – la responsabilità principale del Centro di scrittura, nel contesto di una pedagogia centrata sullo studente, era quella di parlare agli scrittori. La sua prospettiva contribuì a plasmare la filosofia di molti Writing Center, spostando l’attenzione dalla mera correzione dei testi alla crescita e formazione degli individui come scrittori competenti o «Better writers» (North, 1984 p.446).
L’idea di un Centro di scrittura come ambiente collaborativo
Nel suo saggio Collaboration, Control, and the Idea of a Writing Center del 1991, la Professoressa Andrea Lunsford – direttrice del programma Writing and Rhetoric della Stanford University – delinea l’idea di un Centro di scrittura come ambiente collaborativo, contrastando con le due concezioni tradizionali che lo identificavano come Writing Center as Storehouse e Writing Center as Garret. La Storehouse concepisce la conoscenza come esterna e direttamente accessibile, mentre secondo la prospettiva Garret la conoscenza si considera come interna allo studente, per cui il compito del Centro consiste nell’aiutare ogni studente ad approcciarsi ad essa in modo individuale.
Dopo alcune ricerche, la Professoressa riconosce i benefici della collaborazione tra studenti nel miglioramento delle abilità critiche, nell’individuazione e risoluzione dei problemi, nell’apprendimento attivo e nell’assimilazione attraverso l’integrazione di attività di lettura, scrittura, conversazione e pensiero. Tuttavia, mette in guardia sulle sfide da affrontare nel creare un ambiente collaborativo dove è necessaria la cooperazione tra studenti, tutor ed insegnanti per raggiungere obiettivi comuni. Un aspetto cruciale da tener conto, secondo la Lunsford, è la questione del controllo, non per il raggiungimento del consenso, ma per interpretare la dissidenza e la diversità all’interno di un gruppo come elementi chiave per sviluppare un contesto in cui la conoscenza possa essere collettivamente costruita e arricchita (Lunsford, 1991).
Libro di base “Scrittura Generativa. Quale comunicazione
per il testo digitale”
Il volume – pubblicato all’interno della Collana editoriale “sAu Community” – ridefinisce il concetto di scrittura collaborativa secondo la tecnica della Comunicazione Generativa per contrastare il dilagare del neotaylorismo digitale, basato su una deprimente logica meccanicistica, assemblativa. Nel volume, quindi, si parla di scrittura generativa: collaborativa, conoscitiva, creativa, inclusiva.
Un immaginario collettivo ‘scorretto’
L’identità del Centro di scrittura è cambiata nel corso del tempo a seconda degli eventi e delle necessità storiche. Da Centri di recupero e correzione a supporto degli studenti ‘meno preparati’, a spazi inclusivi e collaborativi aperti a tutti a prescindere dalle abilità di scrittura raggiunte.
Tuttavia, negli anni ‘50-‘60, come sottolineato dal Professor Peter Carino (1995) – supervisore del Writing Center dell’Indiana State University -, i Centri di scrittura incrementarono la loro attività in termini di ‘riparazione’ per coloro che presentavano livelli di formazione inferiori alla media. L’idea che il Centro di scrittura fosse dedicato solo a questa parte della popolazione studentesca è stata alimentata – secondo Stephen North (1984; Salem, 2016) – dai docenti stessi, che obbligavano gli studenti a visitare il Centro per risolvere le proprie deficienze, specialmente grammaticali, nella scrittura. Questo processo ha contribuito a creare una percezione negativa tra gli studenti, tanto che le visite al Centro venivano considerate obbligatorie piuttosto che volontarie. Secondo studi più recenti, questo immaginario è persistito fino al XXI secolo, influenzando le scelte degli studenti sulla frequentazione di questi luoghi (Salem, 2016).
Nel corso del tempo, i Centri di scrittura hanno tentato più volte di liberarsi dall’etichetta di ‘luoghi di recupero’ attraverso la diffusione di messaggi accoglienti e inclusivi volti a segnalare la corretta natura del loro lavoro svolto con gli studenti (Salem, 2016). L’attenzione dei Centri di Scrittura, infatti, non si concentra sulla correzione di bozze e testi in generale, bensì sulle capacità intellettuali e personali che lo studente mette in pratica quando scrive. Il ruolo distintivo del tutor consiste, in questo senso, nel potenziare le abilità dello studente attraverso conversazioni collaborative volte a sviluppare competenze intellettuali e personali attraverso sessioni personalizzate di dialogo e confronto (Harris, 1995; Molina-Natera, 2014).
Conclusioni
La ricognizione storica sui Centri di scrittura evidenzia un cambiamento significativo sia nel metodo di insegnamento alla scrittura sia nella percezione di tali Centri. Inizialmente concepiti come laboratori e cliniche di recupero per potenziare le competenze scritte e comunicative degli studenti, i Writing Centers sono progrediti verso ambienti più inclusivi e collaborativi fondati sul tutoraggio tra pari. Questo allontanamento da un metodo pedagogico tradizionale passivo ridefinisce la scrittura come attività di pensiero e dialogo aperto, sottolineando la sua natura sociale. Attualizzando il pensiero del Professor Muriel Harris (1988), i Writing Centers offrono agli studenti un’opportunità diretta per interagire con altri scrittori e lettori. In questo contesto, si configurano come ambienti dinamici che stimolano la partecipazione attiva degli studenti nell’apprendimento di competenze di scrittura, anziché una passiva ricezione di correzioni testuali. Per questo motivo, i Centri di scrittura sono aperti a tutti gli interessati ed è imprescindibile rispettare una regola fondamentale che sottolinea l’importanza di preservare l’autorialità dello studente durante il processo di apprendimento collaborativo con il tutor, e, allo stesso tempo, di smentire l’idea che il Centro sia un luogo per studenti mediocri in cerca di correzioni, ribadendo invece il principio chiave per cui: «The pen remain in the hand of the writer» (Harris 1988, p.3).
Tali considerazioni risultano a supporto della ricerca condotta dal Centro Ricerche sAu sul tema della scrittura collaborativa come forma di scrittura conoscitiva, creativa e inclusiva. Lo scopo della ricerca condotta dalle ricercatrici e dai ricercatori di sAu, infatti, è quello di ridefinire il concetto stesso di scrittura collaborativa secondo il paradigma della Comunicazione Generativa, affinché questa pratica di scrittura – se posta in stretta relazione con l’oralità e la lettura – possa portare alla costruzione di un testo generato dalla massima integrazione e valorizzazione di ogni soggetto coinvolto.
Bibliografia/Sitografia
- Boquet, E. (1999). “Our Little Secret”: A History of Writing Centers, Pre-to-Post Open Admissions. College Composition and Communication, 50(3), 463–482 – Online
- Calle Arango, L., Lizeth Pico, A., Murillo, J. H. (2017). Los centros de escritura: entre nivelación académica y construcción de conocimiento. Cadernos de Pesquisa, 47(165), 872-895 – Online
- Carino, P. (1995). Early Writing Centers: Toward a History. Writing Center Journal, 15(2) – Online
- Harris, M. (1988). SLATE (Support for the learning and teaching of English) statement: The concept of a writing center. The National Council of Teachers of English – Online
- Lunsford, A. (1991). Collaboration, Control, and the Idea of a Writing Center. The Writing Center Journal, 12(1), 3-10 – Online
- Molina-Natera, V. (2014). Centros de escritura: una mirada retrospectiva para entender el presente y futuro de estos programas en el contexto latinoamericano. Legenda, 18(18), 9-33 – Online
- North, S. M. (1984). The Idea of a Writing Center. College English, 46(5), 433–446 – Online
- Salem, L. (2016). Decisions…Decisions: Who Chooses to Use the Writing Center?. The Writing Center Journal, 35(2), 147-171 – Online
- Waller, S. (2002). A Brief History of University Writing Centers: Variety and Diversity. New Foundations – Online
Autrice
Ludovica Mastrobattista
Ha conseguito il titolo internazionale di Dottore di Ricerca in Tradición Literaria, Cultura Escrita y Humanidades Digitales presso l’Universidad de Salamanca (ES), con una tesi incentrata sulla percezione della lettura digitale in ambito accademico. Dal 2021 è membro collaboratore del gruppo di ricerca E-LECTRA: Lectura, Edición Digital, Transferencia y Evaluación de la Información Científica. Collabora con il Centro Ricerche “scientia Atque usus” per la Comunicazione Generativa ETS nell’ambito della ricerca sul tema della scrittura collaborativa.